Fra i nuovi geni del TED non ci sono italiani purtroppo
Oggi vado al TED e da lì, da Edimburgo (16 gradi di massima, pioggia, fascino notevole), per quattro giorni proverò a raccontarvi in tempo reale quel che accade, se c’è in giro qualche nuove genio (c’è, non ho dubbi) e quali sono le nuove idee per migliorare il mondo. Molti di voi già sapranno cos’è il TED. La settimana scorsa ai lettori di Vanity Fair lo avevo raccontato così.
E’ diventato il sinonimo di conferenza di successo, ma in realtà è molto di più: è un movimento per cambiare il mondo ed è forse un modello di come sarà l’università di domani. E’ il TED, ovvero Technology, Entertainment e Design. Da lunedì 11 questo circo di sognatori, inventori, ricercatori, missionari e scienziati pazzi guidati da un visionario sanissimo di nome Chris Anderson apre per la prima volta le tende in Scozia, a Edinburgo e per cinque giorni, potete scommetterci, il cuore dell’innovazione pulserà lì. Semplicissima la formula: ogni speaker ha 18 minuti esatti per fare il discorso della vita (che poi diventa un video visto da milioni di persone in decine di lingue). Io ho avuto la fortuna di assistere alle ultime due edizioni, quelle di Oxford, e posso garantirvi che la messa in scena è hollywoodiana. Le luci, la musica, le pause sapienti e le presentazioni roboanti. Sono convinto che se anche uno salisse sul palco e dicesse solo “Uno due tre prova” all’inizio in platea avremmo un brivido. In realtà i prescelti sono dei geni assoluti e in quello scenario i loro interventi acquistano un significato quasi mistico: alcuni sono famosissimi, e solo per il TED si esibiscono gratis; ma la vera forza di questa conferenza sono gli sconosciuti. Ogni volta uno va lì, paga circa cinquemila dollari per il privilegio di far parte del pubblico, e ascolta delle storie pazzesche di persone mai sentite prima che ci stanno cambiando la vita. Peccato solo che a questa edizione non ci sia nemmeno uno speaker italiano.
(Aggiungo che secondo me non avrebbero sfigurato due protagoniti delle copertine di Wired 2011: Marco Astorri e la plastica che si scioglie in acqua; e Riccardo Prodam con il casco Dreambrain per leggere il pensiero. Lo dirò a Giussani alla prima occasione).