Giustizia, una riforma dimezzata
Velocizzare i processi, alleggerire il carico dei dibattimenti, incrementare i riti alternativi e riformare il sistema delle pene. Erano questi, in sintesi, i punti di riforma più importanti che la Ministra Cartabia aveva affidato alla Commissione Lattanzi.
L’obiettivo: presentare degli emendamenti al disegno di legge Bonafede per ridurre del 25 % i tempi dei giudizi penali. Esattamente come ci ha chiesto l’Europa, sempre se vogliamo ricevere i fondi del Piano di ripresa e resilienza.
Bene, anzi no. Infatti, l’intero lavoro svolto in tempi record dalla Commissione Lattanzi, dove tutto si teneva e si armonizzava, è stato sostanzialmente svuotato dei suoi contenuti più significativi. Il risultato? Gli emendamenti votati dal Consiglio dei Ministri, e che ora sono al vaglio del Parlamento, rappresentano una riforma dimezzata.
Una riforma dimezzata che difficilmente riuscirà a ridurre i tempi dei processi del 25 %, come ci ha chiesto l’Europa.
Di positivo c’è il fatto che, di quel lavoro svolto dalla Commissione Lattanzi, è stata conservata la parte che riguarda la riforma del sistema delle pene.
Così, e finalmente visto che se ne parla da anni, è stato proposto che il Giudice di merito, quando deve irrogare una pena entro i 4 anni, possa applicare sanzioni diverse da quella detentiva come la detenzione domiciliare, la semilibertà e il lavoro di pubblica utilità.
Di negativo, invece, c’è tutto il resto. Ovvero la parte che riguarda il processo penale che, prima di quel Consiglio dei Ministri, è stato oggetto di bizzarri veti incrociati e di incomprensibili compromessi politici.
Veti e compromessi che di fatto hanno scartato gli elementi più innovativi e importanti del lavoro svolto dalla Commissione Lattanzi. Elementi che non rappresentavano di certo una rivoluzione Copernicana, ma che avrebbero contribuito a ridurre il carico di lavoro nei Tribunali e che potevano aiutare a velocizzare i processi. Che poi è quello che ci chiede l’Europa.
Colpisce, ad esempio, che è stata eliminata gran parte delle riforme che incentivavano il ricorso ai riti alternativi. Un aspetto centrale questo, visto che i riti alternativi (patteggiamento o abbreviato) sono essenziali sia per smaltire l’enorme arretrato sia per far girare la macchina del processo accusatorio.
Ebbene, siccome da noi si politicizza tutto senza per altro capire, questa parte centrale della riforma è stata colpita e affondata.
E così è stata depennata la possibilità di patteggiare fino alla metà della pena e, sempre con un tratto di penna, è stata cancellata la possibilità di chiedere il giudizio abbreviato anche dinanzi al Giudice del dibattimento.
Difficile, davvero difficile, capire il motivo di scelte tanto dissennate e che tra l’altro ora appaiono come un tentativo di truffa nei confronti dell’Europa.
Come appare difficile capire il motivo per cui la Ministra Cartabia non abbia lei stessa posto dei veti su una parte della riforma così importante.
Domandaccia da maligni: forse la Ministra non voleva scontentare nessuno per una sua inconfessata ambizione di salire al Colle?
Al di là delle malignità, resta il fatto che nulla cambierà sul fronte del processo penale. Processo penale che, anche se venissero approvati quegli emendamenti così come sono, resterà lento, intasato e, quindi, ingiusto come lo è adesso.
Ma il Movimento 5 Stelle, che è uno dei massimi oppositori a questa riforma, ha capito che proprio grazie ai suoi diktat, raggiungerà risultati opposti a quelli voluti? Avrà capito che opponendosi a riforme che possono portare a un processo minimamente efficiente, finirà per favorire il colpevole e danneggiare l’innocente?
Misteri della mente.