Il ministro Orlando e le carceri sovraffollate
«Nelle carceri è cessata l’emergenza del sovraffollamento». Parola del Ministro Orlando. Bene! Allora è tutto a posto?
E invece no. Infatti, se si vanno a vedere le statistiche pubblicate proprio sul sito del Ministero della Giustizia, la realtà è assai diversa e ci si accorge che il sovraffollamento continua a crescere sempre di più.
Ad esempio un anno fa, ovvero nel febbraio del 2016, i detenuti erano 52.800, mentre oggi sono 55.900. Ovvero oltre 3.000 persone in più.
Un crescente sovraffollamento, trascurato dal Ministro, che però non è sfuggito al Capo dell’Amministrazione Penitenziaria, Santi Consolo. Santi Consolo che già nell’aprile del 2016 aveva emanato una circolare in cui registrava questo preoccupante fenomeno. Circolare che è stata per lo più ignorata.
Ma il serafico Orlando resta tranquillo, tanto che incalza: «Nelle carceri si è registrato un incremento di 4.000 posti detentivi e si è passati da 44 mila posti letto agli attuali 50 mila». Davvero? Allora in carcere c’è posto?
No spiacenti, i posti sono esauriti. O meglio, quei posti nuovi indicati dal Ministro, sono solo virtuali, non sono reali e questo perché si tratta di posti che non vengono effettivamente utilizzati. Tradotto: sono celle vuote!
Infatti, secondo il Capo del Dap Santi Consolo, i posti inutilizzati nelle carceri sono superiori ai 4.000, mentre per il Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma, sarebbero oltre 5.000.
Confusi? Pure io.
Ma tiriamo le somme reali. Oggi nelle carceri ci sono oltre 10.000 persone in più rispetto alla capienza effettiva, mentre il sovraffollamento aumenta mese dopo mese. Il che non è poco. Anzi!
Sono dati di realtà che imporrebbero alla politica (degna di questo nome) di intervenire immediatamente: rendere utilizzabili quei posti nelle carceri e, soprattutto, intervenire sul crescente sovraffollamento prima che sia troppo tardi.
Ecco. Sarà un bel giorno per il Paese quello in cui la politica saprà fare i conti con la realtà (e non solo del carcere), senza bisogno di “altro”.