Non è una “legge bavaglio”
Oggi la Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge che delega il governo a predisporre una serie di riforme che riguardano la giustizia penale. Ora il provvedimento dovrà essere esaminato dal Senato, ma intanto sono divampate critiche, spesso fuorvianti, e polemiche, spesso infondate, sul progetto di riforma delle intercettazioni.
A guidare le fila di queste reazioni scomposte c’è Beppe Grillo che su Twitter ha tuonato: “La Camera ha distrutto il diritto di cronaca”. Interessante! Ma domando al leader del Movimento 5 Stelle: da quando esercitare il diritto di cronaca significa sputtanare le persone pubblicando atti di indagine? In verità, anche se tanti tra magistrati e giornalisti se lo sono dimenticato, le intercettazioni servono per la prosecuzione delle indagini preliminari e non servono per l’informazione. In sintesi: l’atto delle intercettazioni, come il verbale delle perquisizioni, serve alla giustizia e non al diritto di cronaca.
E badate bene, questa non è un’opinione personale. È ciò che afferma l’articolo 15 della Costituzione e l’articolo 267 del codice di procedura penale. Non a caso, già oggi la legge vieta la pubblicazione di qualsiasi atto di indagine, comprese le intercettazioni. (vd. articolo 684 c.p. e 114 c.p.p.). Divieto che però viene quotidianamente ignorato perché manca una sanzione efficace, tanto da determinare il legislatore a intervenire. Ma vi è di più. A leggere il testo della legge delega sulle intercettazioni ci si accorge che non è affatto una “legge bavaglio”, così come impropriamente è stata definita. E infatti il progetto di legge si pone due obiettivi che da un lato svelano il nostro decadimento e che dall’altro non ledono in alcun modo il corretto esercizio del diritto di cronaca. Il primo: vietare la pubblicazione di conversazioni irrilevanti ai fini dell’indagine. Il secondo: vietare la pubblicazione di intercettazioni che riguardano persone estranee al procedimento penale.
Dunque, non una “legge bavaglio”, ma casomai un tentativo per arginare la gogna mediatica, il gossip giudiziario, la macchina del fango. Già, un tentativo. Ma anche un tentativo che non convince. E infatti, al di là delle buone intenzioni, il testo appare timido, denota poco coraggio e manca di chiarezza. Più razionale sarebbe stato rimodulare il divieto di pubblicazione delle intercettazioni rendendolo più chiaro. Più coraggioso sarebbe stato prevedere, in caso di violazione, non una sanzione penale a carico del giornalista, ma una sanzione amministrativa da infliggere all’editore: una multa, e pure salata. Alla fine: riusciranno i nostri eroi a ritrovare la civiltà misteriosamente scomparsa in Italia?