Quattro morti in otto giorni, nelle carceri
In soli otto giorni, dal 26 novembre al 4 dicembre, nelle carceri italiane sono morte, tra suicidi e malattie, ben quattro persone detenute. Ovvero un decesso ogni due giorni. Quattro detenuti morti in carcere e a causa del carcere, del suo degrado. Un degrado che rende assai difficile cogliere in tempo un disagio psicologico prima che sfoci nel suicidio. Un degrado che non consente di assicurare il rispetto del diritto alla salute e che determina morti definite poi “improvvise”. Insomma, non sono morti inaspettate, ma sofferenze ignorate e decessi prevedibili: omicidi colposi.
Con gli ultimi decessi salgono a 176 le persone detenute morte nel 2011. Un numero che stride con il divieto di infliggere la pena capitale nel nostro Paese. In Italia, infatti, non c’è la pena di morte, ma per una pena si muore.
Ecco la triste sequenza delle ultime persone morte per una pena:
– Pavia, 26 novembre. Gaye Seydina, 37 anni, si sente male nella sua cella. Un compagno di cella lancia l’allarme, ma l’uomo morirà ospedale, senza riprendere conoscenza.
– Trieste, 2 dicembre. Michele Misculin, 33 anni, muore durante la notte nel carcere “Coroneo” di Trieste. A trovarlo privo di vita, riverso sulla branda più alta del letto a castello, sono stati i suoi compagni di cella. Secondo le prime ipotesi le cause della morte potrebbero essere riconducibili a un’overdose di antidolorifici.
– Cagliari, 4 dicembre. Monia Bellafiore, 42 anni, si suicida alle 6.50 nel carcere “Buoncammino” di Cagliari. La donna, secondo le prime ricostruzioni, si sarebbe impiccata con un lembo di stoffa nel bagno della cella che condivideva con altre 5 detenute. Sono state proprio loro a dare l’allarme, ma per Monia non c’è stato nulla da fare.
– Bologna, 4 dicembre. Said Wadih, 34enne di nazionalità marocchina, è stato rinvenuto cadavere nella sua cella del carcere La Dozza di Bologna. Le cause del decesso sono in corso di accertamento, anche se pare che il detenuto negli attimi prima della morte avesse sniffato gas dalla bomboletta in dotazione per il fornellino da campo usato in cella per cucinare.
La domanda ora è: quante persone detenute dovranno ancora morire, prima che il parlamento affronti l’emergenza carceraria e riformi il sistema delle pene?