Cardo Rosso
Da molti anni seguo con amicizia e passione il lavoro di Davide Monteleone.
Negli ultimi cinque anni mi sono dedicata al suo viaggio caucasico imparando e conoscendo, attraverso la sua fotografia, luoghi lontanissimi per cultura, problematiche e tradizioni. Di questo lungo lavoro quello che oggi, dopo tanti premi vinti, molte pubblicazioni, mostre e un libro, quello che ancora mi emoziona sono i paesaggi e i volti, due strumenti che suonano in accordo la stessa litania dolente.
Confesso però che, quando devo scegliere delle immagini per mostrarlo o spiegarlo, ancora oggi ho sempre voglia di pescare tra tutte quelle facce e quelle storie che non sono entrate nel libro o nella mostra. Tra quello che chiamo anonimamente “extra”, per me un tesoro nascosto che mi rivela sempre qualcosa di nuovo.
Le immagini che presento in questa pagina sono tutte contenute nel libro e, giuro, sono frutto di un lunghissimo lavoro di editing; avendolo fatto, devo pensare che sono davvero le migliori. Gli uomini e le donne, i paesaggi e le case che non sono stati inseriti nel libro e nella mostra, per ora possono continuare a dormire sonni tranquilli, impressi nella pellicola, al sicuro sdraiati sopra al foglio dei provini.
Per il libro, vincitore dello European Publishers Award 2011, scrissi una postfazione di cui pubblico un estratto ora che la mostra “Cardo Rosso” arriva a Milano da Micamera – via Medardo Rosso 19 – da martedì 15 gennaio. Nella stessa serata inaugurale verrà presentato anche il documentario che Sky ha dedicato a Davide Monteleone, “Anima russa”: un modo per approfondire la conoscenza dell’autore che oggi, più di chiunque altro, indaga la complessa vastità dell’ex-Impero Sovietico.
Dalla postfazione a Cardo Rosso – Peliti Associati Editore – 2012
“In una geografia tanto vasta quanto frastagliata, la morfologia scompare attraverso i frammenti della fotografia iscritta nella perfezione del medio formato quadrato: obbliga alla visione dell’autore, senza possibilità di fuga. È decisa la volontà del racconto, per nulla affidata al caso, inconfondibile per coerenza e continuità. Non a caso il lavoro è impresso prevalentemente sulla pellicola: il momento della ripresa si separa da quello della scelta, dilatando la necessità narrativa e liberandosi dall’urgenza per abbandonarsi al tempo del viaggio. Monteleone è meticoloso, attento ai dettagli e agli interni, apre la visione al paesaggio affidando alla luce naturale il compito di definire le digressioni cromatiche e l’alternarsi delle stagioni. Ospite invisibile dentro le case, descrive un mondo intimo e lo alterna alla visione del paesaggio ferito e desolato in un equilibrato dialogo tra l’individuo e il suo ambiente.
Il fotografo sa che non basta percorrere chilometri, occorre un centro da cui muoversi per esplorare: si trasferisce a Grozny e per tre anni, oltre alla Cecenia, viaggia in Ossezia del Sud e del Nord, Abcazia, Ingushezia, Daghestan, Cabardino Balcaria, Karačaj-Circassia. Abita i luoghi che racconta, interessato alle persone, impara a comprendere le parole e i comportamenti.
In ogni singola immagine di questo volume c’è una storia complessa, in cui il fotografo assume il difficile ruolo di testimone di eventi e custode di memorie, intrecciando le vicende del Caucaso a storie di uomini e donne.”
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“Come ogni storia, anche quella del Caucaso è piena di enigmi, di domande senza risposta. Per questo, forte del suo dubitare, Monteleone si lascia andare di tanto in tanto a immagini surreali, capaci di conservare piccoli misteri e, rompendo l’equilibrio consapevole con cui ha costruito l’opera, restituisce alla fotografia il suo magico potere, non di affermare, ma di suggerire sempre nuovi interrogativi.”