Questioni di Gender
Si chiamano coppie di fatto, unioni civili, matrimoni gay. A volte si traducono in sigle, più eleganti da pronunciare: Pacs o Dico per poi essere seppellite, anche loro, nelle pagine della cronaca politica.
Ora però la faccenda si fa seria. Non è mica più questione di scelta personale, affettiva, erotica o d’identità. Si mobilitano Amazon, Facebook e Google. I giganti della rete aprono spazi alla comunità LGBT (lesbian, gay, bisex e transgender), offrendo matrimoni in rete per persone dello stesso sesso. Sulla questione Obama ci si gioca una fetta di elettorato, pro o contro. Deve solo fare i conti.
Qui da noi, come sempre, scoppia la polemica: mentre Rosy Bindi, presidente del Partito Democratico, a occhio e croce quello di maggioranza, dichiara incostituzionale il matrimonio gay e per poco non ci si gioca la poltrona, il segretario dello stesso partito promette impegno per gay e immigrati. In che senso non è chiaro ma già l’accorpamento delle “categorie” inquieta, come pure le possibili soluzioni per l’una e l’altra. La stampa non lesina e così L’Espresso mette in copertina il bacio lesbico ma nel servizio interno affronta l’avvincente tema del business del matrimonio omosex.
Qualcuno con più buonsenso fa un passo concreto: a Milano, il sindaco Pisapia non delude e ufficializza il registro cittadino delle unioni civili per persone dello stesso sesso. Non sarà rivoluzione ma sempre meglio di quei filosofi, ex sindaci, che creano vortici di parole spazzolate da concetti etici in un auspicato dialogo con la Chiesa che ha dell’impossibile. Quest’ultima, si sa, deve conservare e del dialogo al momento non gliene importa nulla, nonostante qualche vescovo di provincia che, con insolenti aperture al riconoscimento delle coppie di fatto, guadagna la rimozione certa dalla diocesi.
Insomma la questione è difficile. Lo è stata anche in molti altri paesi europei. Lo è negli altri continenti. Trasversalmente ciò che riguarda la vita affettiva e gli incerti confini dell’identità, turba individui e collettività. Il tempo della metabolizzazione delle differenze è lentissimo. Prova ne è che anche l’Organizzazione Mondiale della sanità si è dimenticata per lungo tempo di cancellare l’omosessualità dalle devianze psichiche.
Ma cosa intendiamo con identità di genere? E quali problematiche pone? Prescinde dalle rivendicazioni di diritti e dalle concessioni relative. Lungi da me il dare risposte e, in questo caso anche opinioni, voglio invitarvi a guardare le immagini che provengono da una piccola competizione fotografica, nata nella civile Olanda: il Pride Photo Award giunto alla terza edizione. Quest’anno sono stata nella giuria e ho pensato molto all’identità di genere e alla sua rappresentazione. Con insospettabile leggerezza ho constatato che di fronte alle immagini siamo soli e forse anche un po’ più liberi, possiamo dunque lasciar compiere alla fotografia la sua preziosa missione, quella di porre domande
Perciò mi auguro che queste immagini suscitino milioni di dubbi, scatenino pensieri e frantumino le convenzioni e il conformismo. Questo lavoro Gender as a performance della giovanissima artista Chris Rijksen ha vinto il primo premio. Segue a breve un’altra storia. Un piccolo romanzo fotografico. Per continuare a dubitare.