A cena con Putin
Alla vigilia del voto che ha eletto per la terza volta Vladimir Putin alla presidenza della Russia ho intervistato un testimone particolare della cena che Putin ha offerto due sere fa ai direttori dei maggiori quotidiani europei.
Il mio amico Davide Monteleone era lì e non potevo non farmi raccontare.
Davide Monteleone è un fotografo italiano che nel 2002 è andato a Mosca. Prima di partire ha fatto un corso di russo. Fotografava in modo incerto ed era alle prime armi con il mestiere del giornalista. Non sapeva bene cosa e come fare. Giorno dopo giorno nella Russia che si apriva, ha imparato a documentare, a conoscere, a registrare i cambiamenti di una società in profonda trasformazione. I lavori che all’epoca pubblicava, erano semplici, pura documentazione con le influenze del linguaggio fotogiornalistico più elementare. Col tempo si è ambientato: ha imparato meglio la lingua, ha iniziato a collaborare con i corrispondenti esteri presenti nel Paese e ha cominciato a sviluppare un linguaggio personale. Formato rigorosamente quadrato, immagini romantiche, catturava atmosfere del mondo perduto della Russia che era stata e che stava cambiando. Il risultato dopo tre anni di duro lavoro, è stato il bel libro Dusha edito da Postacart che ha avuto un discreto successo. Quel lavoro gli ha permesso di vincere importanti competizioni, esporre in molte occasioni internazionali ed elevarsi al livello dei testimoni del nostro tempo che con la fotografia raccontano e interpretano i nostri mondi e quelli differenti.
Dopo quell’esperienza si è dedicato alle repubbliche caucasiche e da questi ultimi quattro anni di viaggi è nato un nuovo libro che uscirà a breve e di cui oggi non voglio dire nulla ma prometto, anticipandone l’uscita un’ampia spiegazione.
Oggi, 4 marzo 2012, Monteleone è un fotografo della VII, prestigiosa agenzia internazionale che raggruppa i migliori fotografi documentari del momento. E’ tornato a Mosca, dieci anni dopo quel primo viaggio e ha ritrovato, con una strana simmetria che solo il tempo sa creare, la stessa situazione: Putin candidato alla presidenza della Federazione Russa, la più grande entità statale del mondo.
A differenza del 2002, Davide non è più un ingenuo fotografo in cerca di immagini in mezzo alla folla. Oggi è il fotografo accreditato per Le Monde, per la cena che il candidato presidente offre a cinque direttori dei maggiori quotidiani europei. Davide è “dentro” e dunque con le sue fotografie, non più semplici e ingenue, ma sapienti e capaci di costruire un racconto per immagini, ci racconta com’è una cena con Putin.
L’ho intervistato subito dopo la cena e alla vigilia del voto di oggi: “Priviet” mi dice appena ci colleghiamo via skype e imparo a dire ciao.
Perché sei tornato a Mosca?
Sono tornato a Mosca per seguire le elezioni, mi sembrava un’occasione importante e mi piaceva la coincidenza con il mio primo arrivo in Russia dieci anni fa. Questa volta sono stato poco da solo. Sto lavorando per Le Monde e per altri giornali internazionali. Anche se l’esito delle elezioni è scontato, la stampa, soprattutto quella estera, si è mobilitata.
Come è stata questa esperienza “A cena con Putin”?
Io ero lì appunto per Le Monde con Sylvie Kauffmann la direttrice editoriale del quotidiano. Tra gli altri c’era Ezio Mauro direttore di Repubblica. E’ stata una strana serata. Confesso che ero un po’ nervoso prima di arrivare.
Come siete arrivati al luogo della cena?
Dunque come sempre succede, noi fotografi, eravamo in tre, siamo stati portati alla dacia di Putin su un pulmino. I giornalisti, in questo caso direttori dei maggiori quotidiani europei, ognuno su una macchina con autista.
La dacia si trova nella zona “ricca” a circa 20 km da Mosca, sulla Rubliovka, l’arteria dove sono le dacie del potere, vecchio e nuovo. Qui si è dissolta l’Unione Sovietica nel 1991, tanto per dirti. Intorno a questa arteria c’è un vero e proprio villaggio del lusso, luogo per milionari e oligarchi. Ovviamente qui non abita Putin e del resto non saprei dirti dove, nessuno ci è mai stato. Qui riceve i capi di stato e la stampa estera. E’ un posto super protetto, blindatissimo. Siamo arrivati prima e lo abbiamo dovuto aspettare un bel po’.
Che è successo una volta “dentro”?
Non ci crederai: mi aspettavo un ambiente eccessivamente militarizzato e invece nei due piani predisposti a questa serata, ci si poteva muovere. Noi fotografi abbiamo potuto lavorare 15 minuti prima della cena, 15 minuti durante, 15 minuti alla fine. In mezzo ci sono state le domande dei direttori che hanno spaziato dalla situazione in Siria, alla democrazia interna, al rapporto con le opposizioni. La stanza che vedi nella foto, con il biliardo, è quella in cui erano confinati tutti gli altri giornalisti e operatori per assistere al video della cena. Nell’altra immagine, i ragazzi dietro il paravento sono i traduttori.
In che lingua parlavano?
Putin in russo e gli altri in inglese con un auricolare che consentiva la traduzione simultanea.
Ho visto che hai fotografato il menu. Che hanno mangiato?
Il menu è in russo ma sono certo che hanno mangiato granchi della Kamchatka.
Che impressione ti ha fatto il Primo Ministro?
Io ero curiosissimo. In dieci anni che frequento e vivo la Russia non avevo mai incontrato Putin così da vicino. Mi ha impressionato la sua capacità di relazione con tutti gli ospiti. La sua faccia tosta nel dichiarare che rispetto al dissenso interno basta usare il dialogo. La sua sicurezza nel dichiarare che il rapporto della Russia con la Siria non è così differente da quello degli altri Paesi: la Gran Bretagna vende alla Siria le stesse quantità di armi della Russia. E che il fatto che lui corra per il terzo mandato non dovrebbe scandalizzare nessuno visto che Helmut Kohl ha governato la Germania per 16 anni e nessuno ha mai avuto nulla da dire.
Il clima era tutto sommato formale. Si è innervosito solo sulle domande personali: moglie e figlie.
La cosa che t’impressiona di Putin è il senso di potere che emana. E’ fortissimo.
Speravo di fare un ritratto molto forte. Un po’ alla maniera di Platon (che lo aveva ritratto nel 2007 per Time). Quell’immagine ora è diventata un’icona per oppositori e sostenitori. E’pazzesco, te la trovi sui manifesti da una parte e dall’altra con scritte che gridano cose opposte.
Oggi ci sono le elezioni, che farai?
Niente di particolare: il risultato è ampiamente scontato e dunque l’attenzione dei media è abbastanza bassa. Oggi lavoro per un giornale russo, Bolshoi Gorod.
Dunque andrò a vedere.
La piazza può sempre sorprendere ed è lì che si registrano gli umori.
E io di quelli ho bisogno per fotografare.
Che vino ha offerto Putin agli ospiti stranieri?
Chablis, ma chérie. Dopo la cena Mister Putin è andato a giocare a hockey con le sue guardie del corpo. Lì sì che avrei voluto fare una foto, ci ho provato a chiederlo ma mi è stato risposto un categorico niet.
Ultima mia curiosità: il ritratto di Mr. Putin nell’intimità, in un buio innaturale, quando lo hai scattato?
È stata l’ultima foto che ho fatto. Un secondo prima di venire via. Ne sono abbastanza fiero perché come dici tu è più “intima”, privata.
È la casualità della fotografia. Che ci vuoi fare…