Tra una primaria e l’altra
Leggo Enzo Bettiza che spiega, sulla Stampa, che dopo le ultime primarie del Pd la politica italiana si è «americanizzata».
Non è la prima volta che si legge qualcosa del genere, ma quello che mi chiedo da un po’ è se, oltre a optare per modelli d’importazione, cercando di applicarli alla particolarissima situazione del nostro Paese, non ci venga voglia, ogni tanto, di pensare a qualcosa che elaboriamo noi, che provenga dalla profondità della nostra storia politica, culturale e sociale.
Abbiamo rinunciato, da un bel po’ di tempo, all’idea che ci possa essere un modello made in Italy (se posso esprimermi così) e quando abbiamo provato a farlo, in questi anni, è stato solo in chiave quasi autarchica, per non dire provinciale (e provincialissima, pensando ai tanti governi guidati dalla Lega).
Da un po’ di tempo poi, è tutto un fiorire di Hollande italiani, di Tony Blair con qualche anno di ritardo, di Obama nostrani che non sempre colgono nel segno perché molto distanti dall’Obama, quello vero, che sta alla Casa Bianca, ed è pure riuscito a tornarci.
A me viene in mente quel famoso sketch di Benigni, quando gli chiesero se si considerava il Woody Allen italiano, e lui rispose che preferirebbe essere definito più credibilmente come l’Anna Magnani svizzera.
In secondo luogo, a proposito di come organizzare la politica, vorrei far notare che il problema che si pone, e che si pone da un po’, non è tanto il successo (che sorprende sempre tutti, mah) delle primarie, che infatti vanno fatte senza metterle ogni volta in discussione, ma quello che accade tra una primaria e l’altra. Come si organizza e come vive la politica in quel frangente meno rivoluzionario, si direbbe con Thomas Kuhn, ma di politica normale, che dovrebbe accompagnare il nostro lavoro.
Secondo me, a proposito di americani, loro il problema se lo pongono. Noi molto meno. Ci si apre in occasione delle primarie, e spesso ci si chiude per tutto il resto del tempo. Per esempio, loro studiano, nel frattempo.
Quello che ci vorrebbe è un lavoro chiaro, molto italiano, e molto costituzionale, per altro, per far vivere i partiti nel 2013. Per dare loro un profilo, campagne riconoscibili, motivi di partecipazione non solo in negativo, ma in termini di promozione di idee politiche convincenti e condivise. Questa è la vera scommessa. Tutta italiana. E, se vogliamo, europea, perché quel lavoro di cui parlo sarebbe bello farlo a quel livello. Finalmente.