Ciò che è civico e ciò che è politico
Ultimo, estremo tentativo di comporre la situazione politica lombarda del centrosinistra (e dintorni), dopo aver letto l’intervista di Valerio Onida di oggi. Con un auspicio: che questi giorni di (inutile) tensione a Milano e in Lombardia servano almeno a chiarire un punto.
Che non esiste un Monti senza Napolitano, né un Pisapia senza primarie (e ve lo dice uno che le primarie a cui parteciparono Pisapia e Onida le promosse tra i primi: ad esempio, qui e qui).
E che, per altro, un Grillo c’è già e ha già occupato lo spazio (sempre più ampio) di chi pensa che bisogna dare comunque addosso ai partiti per vincere le elezioni.
Ecco, la questione di «ciò che è civico e ciò che è politico» andrebbe affrontata con maggiore equilibrio e serietà.
Prima di tutto per rispetto nei confronti di chi milita in quei partiti che tanto dispiacciono a chi si autodefinisce civico: i democratici, ad esempio, sono quasi tutti soggetti che sono «civici» fino alle 18, o le 19, o le 20, perché dedicano il loro tempo libero alla politica (diventando «politici» in serata), ma di giorno lavorano. E, vi giuro, sono in tutto simili ai professionisti del civismo. Anzi, di solito hanno meno potere di loro, nella società in cui vivono.
In secondo luogo, perché nel momento stesso in cui si denigrano i partiti, poi si chiede il loro sostegno, la loro organizzazione e il loro voto, senza il quale si andrebbe poco lontano.
Certo, sono partiti che devono riconoscere la loro parzialità e che devono essere disposti a cedere parte della loro sovranità (sovranità soltanto presa in prestito ai cittadini, sia chiaro), restituendola a tutti loro, attraverso uno strumento ben preciso e ben noto: le primarie. E sono partiti che devono essere ospitali e contendibili, come si usa dire oggi, forse più di quanto oggi non sia. E che possono avere sbagliato molto, ma non sono certo gli unici soggetti sociali ad avere preso un abbaglio, in questo Paese, negli ultimi anni.
Da tempo lavoro perché a vincere siano la società civile (civilissima!) e le espressioni migliori della politica locale e nazionale. Non contrapposte tra loro, né rappresentate attraverso reciproche caricature, ma nel rispetto e nel riconoscimento reciproco e all’insegna del bene comune che si intende rappresentare.
Il florilegio di prese di posizione degli ultimi giorni non rappresenta una prova di forza ma priva di forze proprio la coalizione che si intende costruire. Ed è di un politicismo esasperato, perché a furia di volersi tener lontani dal politicismo, in nome del civismo, è un mese che si parla solo di nomi e di formule.
Diciamoci la verità: a cominciare dal sindaco di Milano e da molti esponenti che sono intervenuti in queste ore, siamo tutti un po’ civici e un po’ politici (e per me quest’ultimo è un complimento, sia chiaro). Ora, prima di perderci e di perdere, ritroviamo la misura che sembriamo avere smarrito.
Anche perché a volte ciò che appare civico è più politico di quanto possa sembrare. E viceversa. E non è bello prendere lezioni di civismo da personalità, che spesso sono ex-politici del tempo che fu. E magari di altri schieramenti. Civici incursori, terzisti da sempre, che si sorprendono del fatto che poi a vincere sia stata per anni la destra, in questa regione. Che poi sono civici, ma non vogliono le primarie. Chi li capisce è bravo.
L’appello è semplice: dopo esserci lungamente preoccupati di noi ed aver parlato solo a noi stessi, rivolgiamoci ai cittadini, che sono civici di sicuro. E che si aspettano primarie vere e candidati di prestigio. Saranno i cittadini a valutare il tasso di civismo e la qualità politica che questi sanno esprimere. E lo faranno attraverso il loro voto. A volte vince Pisapia, a volte Fassino, a volte Doria, a volte Merola. Dipende. Dalla scelta dei cittadini, appunto.
Tutto il resto, sinceramente, non interessa a nessuno. E si fa pure fatica a capire che cosa significhi.