Nel frattempo, cambiamo la politica
Michele Salvati, oggi, sul Corriere, scrive cose che condivido profondamente.
Che la politica debba sfruttare questo periodo di ‘sospensione’ per riformare se stessa. Per aprire una stagione di confronto e di dibattito. Per puntare al recupero della sfiducia e della disaffezione.
Mi ha sempre colpito un paradosso: in questi anni di populismo spinto, che ha sempre cercato di blandire l’elettorato con proposte che ricalcassero perfettamente quello che i cittadini volevano sentirsi dire (la stagione di Berlusconi e Bossi, ma non solo), è aumentato l’astensionismo dichiarato e consapevole ed è cresciuto lo spread tra eletti ed elettori.
Per me, alcune chiavi di lettura sono sotto gli occhi di tutti e solo una classe politica ‘interessata’ può fingere di non vederle: regole elettorali rinnovate (e se rimane il Porcellum primarie per scegliere i parlamentari, collegio per collegio); una campagna feroce contro la corruzione, il clientelismo e il conflitto d’interessi; una diversa concezione del potere, che ritrovi il tempo e la misura; una cultura della trasparenza, del controllo e della valutazione, che sono poi la stessa cosa.
E poi programmi chiari, e impegni che possano essere verificati strada facendo: ‘tracciati’, si direbbe, come dovrebbero esserlo tante cose, in questo Paese.
E una politica che prenda esempio dai professori soprattutto in una cosa: che bisogna studiare e documentarsi e prepararsi, ed evitare le scorciatoie retoriche e la parola fiammeggiante che nasconde l’inganno, e fare in modo che tutto sia chiaro e alla luce del sole.
Una politica che non abbia paura di fare riferimento a una cultura condivisa e rappresentativa, perché ne abbiamo bisogno come non mai.
La Prossima Italia la immaginiamo così e nel 2012 questo lavoro andrà fatto e sarà fatto. Per cambiare non solo sotto la spada di Damocle (che era greco, guarda caso) della crisi economica, ma in profondità. E in modo se possibile duraturo.