PD, facciamo un piano (e le primarie per tutti)
Prima ancora di conoscere i contorni della crisi più pazza del mondo, c’eravamo detti che sarebbe stata una folgorante campagna d’estate del Pd. Sarà per il prossimo anno. Nel frattempo, dopo qualche settimana a studiare governissimi presieduti da Nosferatu, pare che ci sia resi conto che il rischio delle elezioni è concreto e reale. E che bisogna dirsi pronti e che difficilmente, se le due B della politica italiana vorranno andare al voto, ci saranno maggioranze alternative per formare governi tecnici, di transizione, a tempo, per la legge elettorale e altre cosette così. Non lo escludo, ma questa prospettiva appare ogni giorno più remota.
Qualcuno, bene informato, sostiene che si voterà addirittura prima della fine dell’anno. Continuo a credere che se si andrà al voto, sarà a marzo, ma potrei sbagliarmi. In ogni caso, vale la pena di prepararsi.
E come farlo? È presto detto. Se si vota con la presente legge elettorale il Pd deve rendere meno porcelloso il Porcellum, facendo le primarie soprattutto per scegliere i candidati al Parlamento. Una grande iniziativa politica, spiegata bene ai cittadini, che avranno finalmente la possibilità di scegliere i loro candidati nonostante la legge più schifosa che ci sia. Nel 2008 lo proposi e mi risposero che non c’era tempo. Poi ho visto fare primarie decise in una settimana o dalla sera alla mattina e forse questa volta è il caso che ci pensiamo sul serio.
In secondo luogo, è il caso che i tre candidati premier – Bersani, Vendola e Chiamparino, in ordine di apparizione – si parlino. Subito. Sono in vacanza? Si telefonino. Concertino le mosse future. E Di Pietro abbassi i toni, perché è il momento di non fare gli spiritosi. E telefoni anche lui a chi deve telefonare. Se siamo un’alleanza, dobbiamo dimostrarlo, perché ho rivisto un clima, in questi giorni, da 2006-2008.
Oltre agli alleati tradizionali, è il caso di capire alla svelta come è combinato il Terzo Polo, che è un Polo Sud, perché ha tutti i voti da Roma in giù. Un fatto di grande interesse, perché fa ballare il Senato (dove il premio di maggioranza, lo ricordo agli strateghi, è regionale). Avevo parlato ironicamente del modello Puglia, ma non scherzavo: se Casini e Fini e Lombardo e Rutelli dovessero federarsi, sarebbe interessante capire con quali modalità si può colpire Pdl e Lega anche in alcune regioni del Nord (penso al Piemonte, dove tra l’altro si rischia di tornare a votare anche per le Regionali, per la nota vicenda delle liste civetta di Cota). Il Pd, come scriveva ieri la Stampa, potrebbe giocarsela in Piemonte, Liguria, nelle regioni rosse (blindate), nel Lazio, in Puglia, in Sardegna e in alcune situazioni dove il divario non è così clamoroso (come l’Abruzzo, ad esempio, anche grazie all’ottimo lavoro di Bertolaso). Problematica la situazione in Sicilia, dove andrò apposta perché da lontano non riesco a capire cosa succede.
Per quanto riguarda le strategie di comunicazione, forse è il caso di concentrarsi su qualche argomento e su qualche proposta di quelle di cui poi si parla al bar. Clamorose, se si può, perché il Pd sembra traccheggiare. Vanno benissimo gli elenchi (lenzuolate!) di Bersani, ma forse il messaggio va precisato e reso più vistoso e comprensibile. Questo vale anche se il governo dovesse andare avanti.
A proposito di Grillo (da non sottovalutare) e dell’astensionismo, conviene dare messaggi chiari, oltre al ricorso alle primarie di cui si è detto. Una politica più sobria, meno privilegi, meno parlamentari, meno sprechi non è un messaggio necessariamente anti-politico. Ambiti di partecipazione e di apertura ai movimenti e alle forze vive della società. Perché forse torna d’attualità anche il No-B day, ma non deve essere tradotto in una coalizione modello Unione, ma in un approccio culturale nuovo alla politica.
E, se devo ripartire da un target, partirei dai giovani, letteralmente dimenticati (e massacrati) dal governo attualmente in carica (e anche dai precedenti). Voti più mobili, che nel 2008 premiarono B: così, per capirci.
In questi giorni, mentre il partito è in vacanza, da ultimo, è il caso di inventarsi un’opposizione più efficace, comunque vada a finire questa estate. La destra si è divisa, il governo è caduto per manifesta incapacità e non solo per rivalità interne e regolamenti di conti. Non hanno fatto nulla, se non cose sbagliate e interessate. Dopo vent’anni, si può dare un giudizio sulla Lega e su quello che ha realizzato per il Nord e per il Paese. Dopo vent’anni, si può anche cambiare.
Per quanto riguarda i luoghi, oltre alle Fabbriche di Nichi forse dobbiamo frequentare anche le fabbriche, quelle vere, della produzione, dell’impresa e del lavoro. E parlare con i genitori, alla ripresa delle scuole, perché è il futuro che ci sta soprattutto a cuore.
Il problema è quello della credibilità ed è per questo che servono generosità (nei comportamenti), un linguaggio che tutti capiscano e non buono per gli uffici stampa, e scelte rivoluzionarie sui temi nostri e su quelli altrui. Bisogna rischiare, insomma. E passare all’attacco. Impensabile? Forse, ma necessario. E se fossi un big del Pd, lascerei le famiglie al mare, sceglierei un posto piacevole e simbolico, dove costruire una war room all’americana. Perché ad Arcore, la sera, le luci sono accese. E ci si sveglia presto.