A proposito di Nichi
Vendola si candida a guidare il centrosinistra alle prossime elezioni. Troppo presto? Forse. Le elezioni sono lontane o forse sono vicinissime: politicamente quello di Nichi è un vero azzardo. La politica, però, si fa anche così, prendendosi i propri rischi, lanciando le sfide quando è il momento (o quando si pensa che lo sia).
Il suo carisma è indiscutibile, il profilo culturale solido e netto, la preparazione obamiana abbastanza vistosa e largamente convincente. Non ha ‘dietro’ un partito, come gli chiede qualcuno, ma di questi tempi non è nemmeno detto che sia uno svantaggio. Le Fabbriche sono un po’ acerbe ma, se dal punto di vista politico devono ancora dimostrare quello che valgono, dal punto di vista elettorale (e parlo di primarie) sono lo strumento che ci vuole.
Nichi parla al Sud, e in questo senso ha qualcosa di pasoliniano, ed è capace di trasformare il portato affettivo che lo accompagna in un valore politico di successo. Dice che al Nord si trova molto bene, perché il Nord è «nel gelo» e bisogna «scaldarlo». Dice che chi fa politica, al Nord, può recuperare molto consenso, perché attualmente non ci sono alternative alla compagine di governo. Molto probabile, da verificare con il tempo.
Nichi è un antico dirigente, usa categorie d’altri tempi e non sempre immediate, ma forse proprio per questo – nell’epoca più paradossale che si possa immaginare – piace ai giovani, quelli veri, quelli che hanno vent’anni, per capirci.
La comunicazione è ottima, ma ci sono anche parecchi contenuti, che gli provengono dalla sua esperienza di amministratore regionale. Le Fabbriche saranno anche una «via di fuga» dai luoghi della politica tradizionale, ma Vendola la politica tradizionale la conosce, e la fa da anni. E direi bene.
Le reazioni di alcuni dirigenti del Pd fanno pensare che anche questa volta Vendola lo si sottovaluti o, forse, come già in occasione delle ultime Regionali, lo si voglia rendere invincibile. Dire, nell’ordine, che la sua è una candidatura minoritaria, che è il nuovo Bertinotti, che è un fenomeno regionale, che non piace ai cattolici (pur essendolo), che non convincerebbe i moderati, che c’è lo Statuto del Pd, che noi abbiamo Bersani e basta, è molto pericoloso e rappresenta, sotto il profilo politico ma anche elettorale, una climax di scemenze che, di solito, comporta una climax (discendente) dal punto di vista del consenso e del sostegno alla propria causa.
La candidatura di Vendola alza il tono del confronto e solo noi sappiamo quanto possa essere importante, in questa fase non proprio brillantissima della vita politica del nostro Paese. Ad un’unica condizione, però: che non si apra, fin d’ora, lo scontro frontale, che non ci si divida prima del tempo, e che si colga l’occasione per confrontarci sulle cose da fare, sull’impostazione generale da dare alla sfida alla destra, al nostro lavoro di opposizione, a quella indagine, sotto il profilo culturale, di cui tutti noi abbiamo grande bisogno. A Bari lo abbiamo fatto e siamo tornati a casa contenti. Senza che vi fosse una richiesta da parte di Nichi di aderire alla sua candidatura, senza che vi fosse da parte nostra un remake della scena di Palombella rossa, in cui a Moretti si offrono i pasticcini, perché «siamo uguali», come diceva quel ragazzo: no, non lo siamo, ma questa diversità deve essere un’occasione di crescita per tutti. E serve, questa diversità, per vincere.
Non dimentichiamo, da ultimo, che da qualche parte, però, sentiamo il bisogno di un po’ di emozione. Sul lungo mare, nella baia di Bari, e nelle piscine di pianura.