I signori della truffa
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I signori della truffa
Michele Serra
Martedì 3 settembre 2024

I signori della truffa

«Significa che ognuno attacca come vuole e ognuno si difende come può, che la lievitazione dei falsi e delle truffe è quasi incontrollabile, che la credulità dei culturalmente indifesi è direttamente proporzionale alla fredda malafede dei costruttori di menzogne, che il furto di identità è prassi, che la comunicazione politica e l’informazione sono soggette a manipolazioni e inganni tali da orientare e forse decidere le elezioni»

(Harry Todd/Fox Photos/Getty Images)
(Harry Todd/Fox Photos/Getty Images)

Io non faccio il dirigente scolastico in Puglia e non sono stato arrestato dai carabinieri. Lo so, questo incipit vi sembrerà assurdo. Del resto, lo è. Se portate pazienza, alla fine di questo pezzo avrete ogni debita spiegazione.

“Terra senza legge”: così l’alto magistrato brasiliano che ha messo in atto il blocco di X, ex Twitter, definisce i social media. È annoso, e molto partecipato, il dibattito su questo nuovo e sconfinato territorio – una specie di quarta dimensione – e sulla natura dei suoi principali impresari, che sono le piattaforme e le persone fisiche che le possiedono. Sono editori, e dunque hanno responsabilità di quanto “pubblicano”, ricavandone un lucro direttamente proporzionale al traffico? Sono semplici fornitori di infrastrutture e servizi, e dunque non possono farsi carico del comportamento degli utenti, esattamente come una società autostradale non è responsabile della condotta di guida? Oppure, in una dimensione nuova, sono a loro volta un attore completamente nuovo?

Nella prima ipotesi (sono editori) l’omesso controllo sui contenuti sarebbe inaccettabile ovunque, anche nel più liberale dei Paesi. Nel secondo si alleggerisce di molto (ma non fino a scomparire del tutto) il peso dell’omesso controllo: anche se, detto non tra parentesi, è evidente a tutti che il controllo è un costo, ed è lecito il sospetto che non effettuarlo sia prima di tutto un risparmio, anche se lo si ammanta di intenzioni nobilmente anti-censorie. La terza ipotesi mi sembra la più logica, direi la più realistica: in un mondo nuovo servono regole nuove. Né quelle dell’editoria classica né quelle della Società Autostrade valgono per buone.

Quali debbano essere queste regole nuove ancora non è chiaro, anche se mi pare di poter dire, un po’ a tentoni, che l’Unione Europea mette la questione ai primi posti della sua agenda, qualche Paese dai modi più bruschi (Cina, Iran, Russia) si illude di poterla gestire con il controllo statale, e negli Stati Uniti, fin qui, ha prevalso la tradizionale speranza che il mercato, anche in questo caso, sia sovrano e sappia come autoregolarsi. Il capitale privato americano, nella gestione di quella tempesta immane di parole, immagini e miliardi, è largamente soverchiante. Non per malizia, ma per deduzione logica, possiamo considerare molto improbabile che la regolamentazione del settore veda gli Stati Uniti in prima linea.

Con buona pace della globalizzazione, che nella rete ha uno dei suoi primi agenti, non esiste una “idea comune della rete” che suggerisca la possibilità di una comune governance. E così, alla fine, la definizione del giudice brasiliano, seppure drastica, è corretta: terra senza regole. Significa che ognuno attacca come vuole e ognuno si difende come può, che la lievitazione dei falsi e delle truffe è quasi incontrollabile, che la credulità dei culturalmente indifesi è direttamente proporzionale alla fredda malafede dei costruttori di menzogne, che il furto di identità è prassi, che la comunicazione politica e l’informazione sono soggette a manipolazioni e inganni tali da orientare e forse decidere le elezioni. Il caso di QAnon basterebbe da solo ad atterrire chiunque conservi fede nel comprendonio degli esseri umani. E l’elenco potrebbe allungarsi fino a concludere che non c’è più niente da fare, è troppo tardi per mettere un tappo al Vaso di Pandora.

Ma comunque vada a finire: questa è una battaglia politica che è impossibile non combattere, perché riguarda la nostra vita quotidiana, la nostra igiene culturale e i nostri rapporti umani ben prima dei Massimi Princìpi. “Non farti ingannare. Non farti truffare. Non perdere il tuo denaro”, ha scritto Tom Hanks in un suo recente post nel quale mette in guardia contro false pubblicità on line, costruite con AI, nelle quali viene usato, anzi abusato, come testimonial di cure mediche farlocche. Quasi vent’anni dopo lo “Stay hungry, stay foolish” di Steve Jobs a Stanford, il “Do not be fooled, do not be swindled” di Tom Hanks produce un suono sinistramente diverso.

Veniamo infine al mio incipit, che è assurdo perché dall’assurdo scaturisce. Si tratta di due possibili smentite (tra le tante) a due “notizie” che mi riguardano diffuse in rete, una delle quali è una minuscola diceria innocua, la seconda una ignobile truffa. Per dire che è dal micro al macro che si dissesta e si manomette un territorio…

In Puglia un dirigente scolastico di nome Michele Serra (Serra è tra i dieci cognomi italiani più comuni, i Michele in Puglia sono decine di migliaia) ha proposto grembiuli di colore verde per gli alunni, per uscire dalla tradizione binaria dell’azzurro e del rosa. Un paio di persone, su X, se la sono presa con me, considerando dunque del tutto plausibile che nei ritagli di tempo io diriga un comprensivo in Puglia.

La seconda, ben più inquietante: da qualche mese, veicolata da collettori di pubblicità on line e sormontata dalla testata “Repubblica”, circola la notizia del mio arresto perché “volevo rivelare agli italiani come diventare ricchi investendo il loro denaro”. Con tanto di foto di me in mezzo ai gendarmi, come Pinocchio. Truffe identiche hanno avuto come testimonial involontari Fabio Fazio, Enrico Mentana e temo altri “volti noti” adoperati come esca per gonzi. Gli autori della contraffazione si augurano che qualcuno abbocchi e corra a investire i suoi soldi laddove il Gatto e la Volpe gli dicono. La cosa più desolante è che interpellando un avvocato, o uno dei tanti involontari vettori della truffa, la risposta è più o meno la stessa: “non ci possiamo fare niente; è impossibile risalire agli autori perché questi contenuti li crea l’algoritmo; ti conviene lasciar perdere”.
Nella terra senza legge, la figura dello sceriffo non è ancora prevista. E fate molta attenzione: quando ne spunta uno, potrebbe essere falso.

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Sull’affondamento del Bayesian, e sulla mia teoria anti-complottista che lo attribuisce a una concatenazione tragica ed eccezionale di eventi negativi coincidenti (tra i quali anche la negligenza umana), i lettori del Post hanno opinioni anche molto difformi tra loro. Enrico, e anche Cecilia, sono in linea con la mia interpretazione “fatalista” e mi segnalano la teoria del formaggio svizzero creata da James Reason (che non conoscevo affatto). Pare che affastellando diverse fette di emmental sia quasi impossibile che i buchi siano allineati; ma può capitare, rarissima sequenza. E questo conferma, grosso modo, quanto avevo scritto: “Esistono anche sciagure non preventivabili, frutto di una somma quasi incredibile di circostanze negative che si sommano».

Altri non sono per nulla d’accordo.

“Nonostante creda che la tendenza a vedere complotti abbia raggiunto una dimensione paradossale se non addirittura pericolosa, quando leggo sul Post
che lunedì, lo stesso giorno del naufragio, è morto Stephen Chamberlain, ex vicepresidente di Autonomy, socio in affari di Lynch e anche lui coinvolto nelle stesse vicende giudiziarie (Chamberlain è stato investito da un’auto a Stretham, a nord di Cambridge) prende vigore il sospetto che in estate anche il destino prediliga il genere giallo”.
Silvio Galli

“Nella mia sconfinata incompetenza marinaresca e non solo, non mi azzardo ad entrare nel tecnico, ma i boccaporti erano aperti, e il meteo non è stato guardato. E i passeggeri non sono stati avvertiti. E l’equipaggio si è salvato, ma non i passeggeri. E non erano passeggeri qualunque, ma un gruppo di plutocrati – parola obsoleta lo so – a bordo di uno dei più grandi e lussuosi yacht a vela del mondo. Ora, che a vegliare su cotanta plutocrazia in vacanza, su cotanto gioiello della cantieristica, italica savàsandir, ci fosse un fancazzista che ha dimenticato o omesso di fare tutto quello che era suo dovere e per cui era pagato, è certamente possibile, ma vale l’esempio del sei al superenalotto. Molto più probabile che per il capitano si prospetti una condanna per un delitto colposo a cui seguirà una dorata pensione, pagata da chi non aveva perdonato all’allegra combriccola di averla sfangata dopo aver tirato un bidone agli acquirenti della ditta in cui erano a vario titolo interessati. Lo so, sono chiacchiere da bar, e allora, già che siamo al terzo bicchiere, ci aggiungo che l’unico dei sodali che non era a bordo è stato accoppato la settimana scorsa da un’automobilista distratta, mentre faceva jogging vicino a casa. Un mediocre giallista si accontenterebbe di molto meno come spunto per una bella spy story, non crede?”
Gianni Giovine

Vigorosamente politica l’interpretazione di quest’altro lettore. Molto radicale, ma non è facile dargli torto.

“Come spesso accade è solo una questione di soldi. I poveracci possono annegare nel completo anonimato anzi, secondo molti governi e cittadini europei, più annegano e meglio è, che tanto quelli che riescono ad arrivare bastano e avanzano per raccogliere i pomodori. Invece i ricchi sfondati come quei sette malcapitati, palesemente additati dalla malasorte, sono coperti da assicurazioni miliardarie (non milionarie, non ho scritto male…). Di conseguenza le compagnie assicurative, col solo scopo di per poter pagare di meno, necessitano della presenza di uno skipper cattivo che li voleva uccidere ed usano tutta la loro pressione su chiunque possa piegare la verità a quanto necessario. Un vero ennesimo schifo. Abbiamo scelto questo tipo di società come modello per il mondo, c’è da chiedersi se chi aveva l’utopia di pensare a qualcosa di diverso fosse più delirante di chi ancora oggi spera in un capitalismo etico. Quando propongo questo dubbio al prossimo, i più sinceri mi chiedono se sono comunista, sinonimo di mangiabambini, perché mangiarli è peccato mortale, farli annegare è normale amministrazione: rispondo loro che da piccolo una volta ho tentato di mangiarmi da solo”.
Davide Conte

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Le Zanzare di questa settimana aprono con la sotto-rubrica “il titolo misterioso”, che potrebbe essere stata creata (da me) quasi apposta per ospitare questo titolo, segnalato sempre da me. Da Repubblica.it:

“NON SIAMO QUEL TIPO DI AMICI”: QUANTE VOLTE LO AVETE DETTO?
ECCO COME E PERCHÉ CERTI AMICI POSSONO DIVENTARE
UN PROBLEMA FACENDOCI SENTIRE IN COLPA

Aumenta l’aura di mistero il fatto che questo titolo compare nella sezione “Moda e Beauty”. Che avranno voluto dire?

Giacomo segnala, dal Tirreno, questo titolo che, volendo rifarci ai fondamentali del giornalismo, confonde la fonte con la notizia:

VIGILI, IN SEI TROVATI POSITIVI ALL’ ALCOL TEST

Mauro riprende una segnalazione già autorevolmente effettuata da Antonio Dipollina nella sua rubrica su Repubblica. Da Sky Sport:

INTER, ZIELINSKY IN GRUPPO: INFORTUNIO ALLE SPALLE

Da interista apprensivo per lo stato di salute del nuovo, importante acquisto, ho rischiato di credere, anche se solo per un attimo, a una nuova tipologia di infortunio, frequente nei sollevatori di peso ma molto rara nei calciatori.
Sempre in materia di calcio, Giovanni ha trovato, a pagina 207 di Televideo (esiste ancora!) questo gustoso refuso a proposito della classifica della serie A:

TESTA A TETTA

Ivana segnala, dal programma della festa nazionale dell’Unità di Reggio Emilia, questo meraviglioso ossimoro:

CENA DI SOLIDARIETÀ A FAVORE DEL NUOVO PROGETTO
PER LA GASTROENTOROLOGIA ENDOSCOPICA DIGESTIVA

Conoscendo la generosità della cucina reggiana, si constata come sia possibile diventare, in un colpo solo, sottoscrittore e paziente.

Infine, una precisazione. Pare che la meravigliosa locandina di Ottopagine segnalata un paio di settimane fa

BENEVENTO, DROGA TRA I GIOVANI
DA OTTOBRE ABBONAMENTO MENSILE A 25 EURO

sia un falso. Come mi scrive Giovanbattista, “all’epoca un edicolante buontempone si divertiva a creare dei collages delle nostre locandine, con risultati esilaranti. Ironia a parte, l’iniziativa – nata, probabilmente, con le migliori intenzioni – divenne, di fatto, un danno reputazionale per la testata. Lo so bene perché al sito di Ottopagine ci lavoro, ieri come oggi, in qualità di redattore, anche se nel frattempo siamo diventati anche una tv regionale, Otto Channel, al canale 16 del digitale”.

Un saluto solidale a Ottopagine, a Otto Channel ma anche all’edicolante spiritoso. Perché è edicolante (lavoro eroico, di questi tempi) e perché è spiritoso.

Siamo arrivati in fondo. Il caldo, piano piano, sta allentano la sua presa. Nel fine settimana, qui al Nord, promette pioggia. I gruccioni (uccelli meravigliosi, colorati come se fossero finti) volano come se fosse ancora estate piena, e gridano senza sosta per rimanere compatti. Li guardo contento e formulo il mio solito commiato. In alto i cuori, e abbasso i Trump.