E ora vi voglio dire
«E questi qui, invece? Questa è la ferocia e l’arbitrarietà di una fine. Quando parla Steve Bannon io sento puzzo di morte. Vecchi maschi terrorizzati che progettano l’ibernazione o la trasmigrazione su Marte»

Quando leggo o sento dire che il suprematismo bianco è una delle componenti ideologiche principali, o forse la principale, della destra americana che si è ripresa la Casa Bianca, provo sempre un sentimento di incredulità e di fastidio: come è possibile che una forma così esplicita di razzismo prenda piede e acquisti tanta forza, nel ventunesimo secolo?
Dimentico, come molti, che il suprematismo bianco, che a noi pare una deviazione perversa, è stata la condizione “naturale” della nascita di quella nazione. Europei cristiani, ovviamente bianchi, invasero le Americhe pochi secoli fa, vincendo la resistenza blanda di popolazioni indigene molto arretrate tecnologicamente, e dunque inesistenti militarmente, rispetto a loro. Ne sterminarono larga parte e sottomisero i superstiti, a proposito dei quali nacque un lungo dibattito teologico: se avessero l’anima, ovvero se fossero esseri umani oppure no (Mission, quasi da solo, vale a raccontare quel momento).
I colonizzatori erano inglesi, olandesi, francesi, spagnoli, portoghesi, tedeschi (come gli antenati di Trump). Per capire meglio che cosa vuol dire, in termini storici, “pochi secoli fa”, dobbiamo considerare che le generazioni sono, grosso modo, quattro per secolo. E dunque vi basterà mettere in fila dodici generazioni, per un totale di tre secoli, o anche solamente otto generazioni, per un totale di due secoli, per risalire agli europei che nel Settecento e nell’Ottocento si presero l’America del Nord, da Est verso Ovest, fino a possederla tutta intera. In termini genetici, forse anche culturali, l’invasione europea delle Americhe è una cosa dell’altro ieri, e proprio nessuno, l’altro ieri, si pose il problema se la supremazia dei bianchi fosse lecita oppure illecita. I coloni americani della conquista, e della Frontiera, non ebbero alcun bisogno di teorizzare il suprematismo bianco-cristiano: molto semplicemente, lo incarnavano. Lo erano.
Credevano che il loro rapido dilagare in quel continente immenso e quasi vergine fosse una ovvia fase della civilizzazione – mi chiedo se sia mai esistita, nella storia umana, una colonizzazione che non si sia creduta, perfino in buona fede, civilizzazione. Quasi certamente anche l’importazione di schiavi dall’Africa dovette sembrare, a quei nonni dei nonni dei nonni degli attuali americani bianchi e cristiani, uno strumento di progresso. E la conversione più o meno forzata dei nativi alla fede cristiana dovette sembrare non una inaccettabile costrizione ma un dono, una promozione. Gli americani nativi credevano nelle nuvole, nei pascoli, nel volo delle aquile, nelle rotte dei bisonti e negli spiriti dei morti. Seppero di avere bisogno di credere in tutt’altre cose, decisamente più stravaganti (per esempio la Santissima Trinità) solo all’arrivo di stranieri con la croce al collo e la carabina tra le mani.
Successivamente arrivarono irlandesi, polacchi e italiani, come manovalanza, come truppe di complemento di uno Stato Maggiore che già si era insediato e già aveva costruito il suo edificio. E i portoricani, i latinos, gli asiatici, gli ebrei in fuga dall’Est Europa, spero di non dimenticare nessuno, a completare i ranghi di una società multirazziale affascinante e dinamica: i cui soci fondatori nonché azionisti di maggioranza, però, erano senza alcun possibile dubbio maschi europei, bianchi, cristiani, soprattutto anglosassoni.
Detto questo, perché continua a risultarmi scandaloso e insopportabile che negli anni Venti del Ventunesimo secolo possa esistere un suprematismo bianco, visto che esiste, nei fatti, da quando i regnanti europei decisero che il mondo era a loro disposizione? Beh, pensandoci bene non è difficile capirlo: perché la prepotenza, l’avidità, la spietatezza dei conquistatori delle Americhe erano l’espressione di un percorso nascente. Era l’alba di una civiltà, certo fondata su basi inique e predatorie (come tutte le civiltà?), ma carica di energia e di futuro. “Il Paese era molto giovane… Il verde brillante della prateria dimostrava in maniera lampante l’esistenza di Dio, del Dio che progetta la frontiera e costruisce la ferrovia” (Francesco De Gregori, Bufalo Bill). Radere al suolo foreste per costruire città, sterminare bisonti, espropriare e segregare gli indigeni, battezzare “nostro” ciò che nostro non era, costruire un potere e un ordine a misura dei nuovi arrivati: non era meno feroce e meno arbitrario di quanto vanno blaterando oggi Trump, Musk e Steve Bannon. Ma erano la ferocia e l’arbitrarietà di un inizio. Era il capitalismo che esplodeva, estendeva i suoi confini ben oltre quelli angusti delle Nazioni. Era anche creazione di ricchezza, di cultura, di architettura, poi di grande cinema musica teatro letteratura, era l’America.
E questi qui, invece? Questa è la ferocia e l’arbitrarietà di una fine. Quando parla Steve Bannon io sento puzzo di morte. Vecchi maschi terrorizzati che progettano l’ibernazione o la trasmigrazione su Marte (pochi e ricchi: gli altri crepino) per salvarsi dall’apocalisse, non credono in Dio ma lo usano come spauracchio e come bavaglio, odiano tutto quanto confligge con la loro immagine. Odiano i non bianchi, i non eterosessuali, i non ricchi, i non americani, i non cristiani, tutto ciò che osa alludere a un esito diverso e inatteso non solo del futuro, anche del presente. Tutto ciò che incarna il nuovo, l’inaspettato, tutto ciò che non è assoggettabile alla compravendita e alla tecnologia (funzionale alla compravendita: niente che non sia funzionale alla compravendita rientra nei loro cervelli contabili).
Vecchi maschi bianchi assediati, e capaci di tutto pur di non accettare di essere messi da parte. Come andrà a finire, nessuno lo sa. Ma non c’è dubbio che questo è il racconto di una fine, non di un inizio.
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Domenica mattina, mentre scendevo dal passo del Maloja verso Chiavenna, ascoltando a un volume indecente A modo tuo di Elisa, mi ritrovo a tallonare un pullman giallo, con targa dei Grigioni, il cui lunotto posteriore è occupato da una grande scritta.
“Il Signore ti benedica e ti protegga. La Bibbia”.
Penso a un pellegrinaggio, a una qualche adunata religiosa. Ma no: una brevissima ricerca on line mi dice che è un pullman di linea che fa la spola tra l’Engadina e Chiavenna. Un servizio pubblico sponsorizzato dalla Bibbia. Il solo precedente che ricordo è il pullman tra Teheran e Isfahan che presi qualche anno fa: c’era qualche verso del Corano. Ma scritto in piccolo, sullo schienale dei sedili. Sul lunotto posteriore, mi pare, c’era solo polvere. Quanto distano i Grigioni da Teheran?
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Nel fiume di mail che mi incitano a scendere in strada inalberando una bandiera europea, che poi tutti mi seguono per dare vita a un grandioso corteo europeista, no-Trump e no-Putin, mi piace segnalare, con un certo orgoglio, questa:
“Ho votato Calenda alle politiche per constatare dopo qualche settimana il fallimento del ‘centro’, e poi, turandomi il naso, la Meloni alle Europee. La follia della politica estera trumpiana ha acuito anche in me – non progressista – l’impulso a invocare la realizzazione rapida di un’Europa finalmente in grado di parlare con un’unica voce e di difendersi da sola. Non sarà questa, purtroppo, la scelta di campo della destra al governo, ma lo spettacolo fornito in queste settimane dall’opposizione è ancora una volta più deprimente: Conte zerbino del tycoon e la Schlein, a mio parere assolutamente inadeguata al ruolo di capo dell’opposizione, balbettante nelle sue prese di posizione stereotipate e velleitarie, propinate con l’unico scopo di serrare le file nella sua dispersa base elettorale senza alcuna speranza di recupero del voto moderato. Alla loro sinistra, il delirio. Come facciamo lei, i suoi lettori ed io a scendere in piazza per l’Europa? Chi ci ascolterà e ci rappresenterà?”
Stefano (Vercelli)
Avere tra i miei lettori un elettore di Meloni mi dà una certa euforia. Pubblico volentieri anche questa mail, nella vana speranza che la legga anche quel pallone gonfiato di Musk:
“Le segnalo un bel cortocircuito della Storia: tra Musk e Marx. Quando Elon ha lanciato lo slogan MEGA credo ignorasse che l’acronimo esiste già da tempo e significa ‘Marx-Engels GesamtAusgabe’ (la raccolta delle opere complete di Marx e Engels, lavoro immane e internazionale, vedi qui)”.
Luca Giunti (Susa)
Tardiva, quasi postuma, ma molto significativa (per la serie: non ci avevo pensato!) questa brevissima mail sul Festival di Sanremo:
“Stavolta ho visto tutte le serate: quando ricapitano cinque serate senza vedere in tv Trump, Musk, Meloni e Salvini?”
Adele
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Zanzare numerose e molto suggestive, questa settimana. A cominciare da questo splendido refuso che Camillo ha trovato sul Televideo:
A MONTECITORIO BLITZ CON OSTAGGI MARCI
Erano ortaggi. Non fatelo sapere a Hamas, che se no allestisce uno dei suoi show macabri. Ne approfitto per dire che Hamas merita di essere nominata membro onorario della Famiglia Addams. Numerosi lettori mi segnalano, dalla newsletter Anteprima Repubblica, questo errore dovuto alla fretta, eppure abbastanza rappresentativo della situazione internazionale:
DOMANI A RIAD L’INCONTRO TRA LAVROV E RUBIO
MINISTRI DEGLI ESTERI DI RUSSIA E URSS
Forse una sorprendente norma del nuovo codice della strada, forse una speranza per il recupero dei giovani devianti, in questo titolo del Corriere della Sera segnalato da Boris e da Emanuela:
MILANO, SIMBA LA RUE BLOCCATO DAI VIGILI
SENZA PARENTE E CON LA MARIJUANA NEL SUV
Si entra nel mistero più fitto con questa locandina del Corriere del Veneto, segnalata da Carlo e Daniela, la cui interpretazione corretta richiede l’assistenza di chiunque possa fornire notizie utili:
I PROGETTI DEL PILI
TROVATI NELLA SEDE DI UMANA
Io ho pensato a Cetto La Qualunque. Cosa sono i pili? Chi li progetta? E perché? Si tratta forse di un acronimo? Mi è tornato in mente un titolo dell’Unità di tanti anni fa, edizione dell’Emilia-Romagna, che mi terrorizzò quando, giovane redattore, dovetti passarlo in tipografia:
IL TAR CONTRO IL PEEP
RICORSO DELLE COOP
Per questa settimana è tutto. Il meteo non è così interessante da meritare le solite considerazioni, è lo stesso da un po’, uggioso, incerto, sospeso. Sono un poco in ansia per il Papa, mentre finisco di scrivere questa newsletter è anche lui sospeso, è un uomo simpatico e molto calato nelle cose umane, nel caso fosse necessario sarà difficile trovarne uno all’altezza. È anche il Papa più odiato da cristiani rinati, sovranisti che baciano il rosario, fondamentalisti della fede, e questo ce lo deve rendere caro.
Sono meno in ansia per la Germania, tra quelli che hanno votato un tedesco su cinque ha votato per l’estrema destra, non saprei dire quanto neonazista, quanto semplicemente estrema destra. Non è una percentuale tale da farci disperare, in altri paesi europei va anche peggio. Per esempio: il nostro? Nel nostro gli amici di Musk hanno il trenta per cento. Contando anche la Lega, si arriva quasi al quaranta.
In alto i cuori. Sempre, e qualunque cosa accada.
Ps – Per quelli che ci saranno, ci vediamo sabato a Firenze. Sarò in tandem con il Peraltro. Roba grossa…