Drammi veri e granchi pelosi
Mi avete scritto in tanti – come immaginavo – sulla carneficina a cielo aperto in corso nell’estremo Est del mondo mediterraneo, che poi sarebbe il nostro mondo fino dai secoli antichi. La mia ho provato a dirla la settimana scorsa sapendo che avrei scontentato molti, ma penso sia meglio dichiararsi sinceramente impotenti piuttosto che fingere opinioni forti. Entrambe le parti, oltre a grondare sangue, grondano torti, dunque mettiamola così: se essere dalla parte del torto può essere un merito allora mi sento vicino a entrambe le parti. La sola manifestazione alla quale mi sentirei di partecipare non esiste, perché prevede la compresenza di due bandiere, quella di Israele e quella della Palestina, a mezz’asta in segno di lutto e di contrizione. E dunque non andrò a nessuna manifestazione, a meno di sopravvivere fino al 2479, anno nel quale si arriverà a una soluzione concorde del conflitto. Mettetemi pure nel girone degli ignavi, nel quale in ogni modo sarò perseverante nel dichiarare: non sto con nessuno dei due, sto con tutti e due. Non saprei che cosa aggiungere di più intelligente o di meno retorico.
Comunque, anche per descrivere l’impossibilità di trovare un punto di vista condiviso, ho scelto, tra le tantissime, tre delle vostre lettere. Le prime due hanno il merito di dire con una certa decisione, e anche con una certa precisione, che la ragione sta da una parte e non dall’altra. Sono, queste due lettere, la tesi e l’antitesi. Gli autori non si esprimono come i capi-claque dei social, scrivono con misura e rispettando il significato delle parole. Sono entrambi lettori del Post, dunque parte della stessa comunità pensante, rispettosa dei fatti, attenta alla realtà: eppure sono su posizioni molto diverse, direi inconciliabili.
Dato per scontato che inconciliabili, per definizione, sono le idee dei fanatici e dei mestatori, invito a riflettere sul fatto che se anche le persone civili e informate, su questa tremenda storia, hanno opinioni radicalmente difformi, significa che nessuna soluzione, nemmeno vagheggiata, è in vista.
I due lettori mi rimproverano, si capisce, un’equidistanza (o un’equivicinanza) che risulta fastidiosa a entrambi. Questo per dire quanto sia arduo, anche scremando il dibattito dalle voci urlanti e dalle certezze ideologiche, trovare un punto di tregua, di ascolto, di ragionamento comune.
La terza lettera è una possibile sintesi, semplice e sconsolante, del punto in cui siamo. Non tira conclusioni, prende atto di uno sfacelo. Purtroppo mi ci identifico abbastanza.
“Caro Michele Serra,
quando mi sono abbonata al Post mi sono iscritta con grande entusiasmo a questa newsletter che molto spesso condivido con parenti e amici. Questa volta sono rimasta prima di tutto profondamente delusa e poi addolorata nel leggere il tuo commento alle ultime tragiche vicende che hanno stravolto Israele. Sono anch’io una fervente sostenitrice della laicità dello Stato e ho condiviso in pieno le proteste e le preoccupazioni degli israeliani che andavano in piazza per tentare di bloccare la deriva autocratica e teocratica dell’ultimo governo Netanyahu. Però trovo inaccettabile il tuo mettere sullo stesso piano i religiosi ortodossi ebrei con i terroristi di Hamas”.
“Le azioni di Hamas da sempre, ma soprattutto le ultime, sono la manifestazione di un’efferatezza disumana che con nuovi mezzi tecnologici evoca persecuzioni e stermini perpetrati in passato, non hanno nulla a che vedere con i diritti del popolo palestinese e non possono essere paragonate in nessun modo a qualsiasi propaganda religiosa o azione di intolleranza (talvolta ahimè anche violenta) degli ortodossi israeliani. La tua visione si limita a una ideologica visione manichea che sembra non conoscere la complessità del conflitto tra palestinesi e israeliani e gli interessi degli stati canaglia che minacciano il mondo (Iran in prima linea). Una profonda delusione da un opinionista attento e sensibile come ti ho sempre considerato. I diritti dei palestinesi oggi ahimè sono dimenticati da tutti, in primo luogo da Hamas che si è impadronito della leadership mediatica e dei miliardi di finanziamenti che arrivano dal Qatar e dalle organizzazioni internazionali, e tiene il popolo sotto scacco nei campi profughi. La storia è lunga e non voglio sintetizzarla qui né aprire discussioni interminabili, ti consiglio solo di ascoltare Morning, Francesco Costa ha riportato gli avvenimenti con grande equilibrio ed ottima sintesi. Mi auguro una sensibile rettifica”.
Claudia Terracina
“Ciao Michele,
qui boomer Andrea. La tua analisi della questione israelo-palestinese, secondo me, è troppo salomonica. Credo che Noam Chomsky e Amira Haas, tanto per fare un nome anzi due, in quanto persone coinvolte e molto informate dei predetti fatti, avranno un punto di vista leggermente diverso, che sono ansioso di leggere. Se tra i ‘grandi conflitti novecenteschi’ solo questo rimane irrisolto, credo dipenda dalla politica della sedia vuota di amici e alleati che hanno permesso in anni e decenni a Israele di compiere impunemente atti che ad altri Stati sarebbero costati l’indignata condanna, se non peggio, della cosiddetta comunità internazionale. È ancora fresco il ricordo della repressione di Israele durante le manifestazioni popolari a Gaza, che costò 44 morti e 1.400 feriti tra la popolazione civile. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres fece richiesta di un’indagine indipendente su queste vittime, sdegnosamente respinta dal governo israeliano. Scriveva qualche tempo fa proprio Chomsky che dal 1946 sono centinaia le risoluzioni Onu che Israele non ha rispettato. Evidentemente il lascito della Shoah è un salvacondotto imperituro che fa di Israele uno stato legibus solutus, oltre che il più arrogante del pianeta”.
Andrea
“Caro Michele,
condivido in pieno le tue considerazioni riguardo gli integralisti religiosi e i danni che fanno a tutta l’umanità. Vorrei però aggiungere che la tragedia senza fine di Palestina e Israele è dovuta anche a un’altra caratteristica umana, la sete di potere. Netanyahu e i capi di Hamas sono, in fondo, due facce della stessa medaglia, cioè dei leader che, pur di mantenere il potere, sono disposti a sacrificare i loro popoli. Entrambi contano sul fatto che il modo più semplice per restare in sella, anche di fronte alla loro evidente inadeguatezza e corruzione, è avere un nemico potente di cui avere paura. Netanyahu è il miglior alleato di Hamas e Hamas è il miglior alleato di Netanyahu. Purtroppo capi così, al mondo, ce ne sono parecchi, da Putin a Assad. E i danni e le sofferenze che causano sono incalcolabili”.
Nicoletta Galante
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Nello stato di ansia permanente di questi giorni, la sola terapia che mi riesce naturale è aggrapparmi al senso del ridicolo, che mi è di conforto da una vita intera. Mi scappa da ridere – come si dice – anche nei momenti meno opportuni, e ho memoria indelebile di certi fou rire scolastici, a partire dalle scuole elementari (oggi primarie): proprio perché non si doveva ridere, non era il momento, non era opportuno, mi succedeva di non riuscire a contenermi. Se è vero che il riso abbonda nella bocca degli stolti, beh, quelli come me sono spacciati.
Vi consegno due dettagli (entrambi mediatici) che mi hanno restituito il buon umore, sia pure per un breve momento di vacanza. Il primo: nel suo servizio sul nuovo “calcio-scommesse”, il Tg1 delle 20 ha definito Fabrizio Corona “il noto imprenditore”. Ecco, non ci avevo mai pensato ma in fin dei conti di questo si tratta. Uno del “popolo delle partite Iva”, un lavoratore dedito alla propria bottega con automatico vantaggio della comunità, con buona pace delle esose pretese del fisco. Sicuramente è noto. Sicuramente imprenditore. Nonostante la definizione, a un successivo riesame, mi sia parsa dunque verosimile, perfino appropriata, nonché conforme all’aria che tira, non ho potuto evitare di ridere forte.
La seconda piccola ragione di allegria è uno dei tanti titoli, pullulanti nelle edizioni on line dei giornali, che hanno per protagonisti gli animali, non solo gattini e cagnolini, anche orsetti, cavallini, uccellini, tigrotti e coccodrillini. In tanta affettuosa compagnia fa capolino, ogni tanto, l’animale deviante. Quello che non solo non si fa coccolare, ma non ti lascia dormire sonni tranquilli. Il titolo, tratto da Repubblica.it, è questo:
“I granchi pelosi cinesi invadono l’Inghilterra”.
Mi sono ricordato di un titolo-capolavoro comparso, negli anni Settanta, sulla Notte diretta da Nino Nutrizio, vero e proprio precursore, in Italia, del giornalismo da Grand Guignol, tutto effettacci e tinte forti, che nei decenni successivi, sui quotidiani di destra, sarebbe diventato banale routine, ripetitiva e noiosa, ma allora era invenzione allo stato puro. Il titolo era:
“Zanzare mostruose assediano Milano”.
Prima pagina. Sotto, enorme, la foto ingrandita a dismisura di una zanzara. Tipo: venti centimetri per trenta (la Notte non era un tabloid, era un lenzuolo). Un capolavoro. Come i lettori di Ok Boomer! sanno, sono un appassionato di questo genere di titolacci, che hanno la loro Bibbia nel settimanale Cronaca Vera. Se ne trovate di belli (ma devono essere all’altezza dei granchi pelosi cinesi, o delle zanzare mostruose) per piacere segnalatemeli. Abbiamo bisogno di distrarci.
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Consolazione un poco meno futile, una lettera come quella che segue. Si rifà alla chiacchierata sul mito della Kultura (negli anni Sessanta e Settanta) e sul suo successivo appannarsi e poi decadere. In proposito feci considerazioni molto da boomer (ispirato dal film di Martone su Troisi) che una lettrice molto più giovane di me chiosa e corregge in questa maniera.
“Gentile Michele Serra,
vorrei spezzare una lancia a favore delle generazioni successive alla sua. Sono una classe ’86, arrivata in Italia nel ’98 ed entrata al liceo classico il 12 settembre 2001: esattamente il giorno dopo l’11 settembre. Fun fact, ero l’unica della classe a non aver visto la tv e a non capire di cosa si parlasse. Forse i miei genitori, pur filodemocratici e filoccidentali abbastanza da esserci trasferiti nella campagna padana dal centro di Mosca, non amavano poi tanto l’America da dare così importanza all’attentato; o forse a 15 anni mi ritenevano ancora troppo piccola per espormi alla tragedia. Ricordo però lo straniamento di quel primo giorno in cui ero l’unica a non capire nulla di politica e di attualità. Mi sentivo fuori luogo e ignorante”.
“A partire da quel primo giorno, al mio liceo – il Verri di Lodi, ne vado fiera, un edificio che (almeno a detta degli studenti) era stato convento, prigione e poi liceo senza subire grossi cambiamenti, unito nella direzione, forse per ringiovanirlo, al più prosaico architettonicamente ma più vivace scientifico Gandini – si parlò sempre di politica e di cultura. Alla prima riunione d’istituto di quel primo anno era ancora rappresentante degli studenti (dello scientifico, ovviamente, noi una così ce la potevamo sognare) Bianca Balti, ancora “fattona” con i jeans strappati. Nel biennio ci passavamo sotto i banchi le poesie di Catullo e ci sentivamo ribelli a leggere quelle sconcezze (chissà che segreta soddisfazione per i nostri prof scoprirci!). ‘Il giovane Holden’ era il nostro manifesto. L’autogestione non era accettata, ma compagni di classe più coraggiosi di me (come Ilaria Rossetti, poi scrittrice e vincitrice del premio Campiello giovani) ci provavano, rimediando sonori 3 in greco e latino.
Andavamo al Festivaletteratura di Mantova (io) e a qualsiasi manifestazione politica e sociale (Ilaria). Leggevamo Joyce. Pubblicavamo ‘La Verrità’. Un’altra compagna di classe, Silvia Sommariva, ha fondato Pagella Politica, non so se ha presente”.
“Siamo finiti quasi tutti alle facoltà umanistiche dove abbiamo fatto amicizia con altri lettori come noi e altrettanto esperti dei massimi sistemi. Insieme a questi giocavamo a un gioco di ruolo inventato da un nostro amico, iscritto ovviamente a filosofia e ovviamente mai laureato, basato su un mazzo di tarocchi originale e introvabile e giocato esclusivamente attraverso la narrazione e l’interpretazione delle immagini. E non siamo poi cambiati così tanto, se l’altro giorno il mio migliore amico e testimone di nozze, anche lui compagno di quella classe verrina e laureato in storia, mi spiegava accalorato le vicissitudini del battesimo dei bambini nel medioevo e il cambio di passo del Concilio di Trento…”.
“Tutto questo per dire che i giovani, almeno certi giovani, vivevano e parlavano di cultura anche negli anni Duemila, anche se c’era già Google e i primi cellulari e i videogiochi e Berlusconi. Sono fiduciosa che ce ne siano anche oggi. Noi proveremo a trasmettere tutto ciò ai nostri figli, ora che molti di noi sono diventati genitori. Non credo che saranno così diversi da noi. La comunicazione moderna è rapida sui social, è vero, ma non per niente fioriscono le newsletter (come la sua): sono i romanzi a puntate di questi nuovi anni Venti. E dopo questo sfoggio di vanteria partigiana del Verri, in perfetto stile lodigiano, la saluto e ringrazio per essere l’autore di uno dei miei romanzi a puntate preferiti. Chissà che non ci si veda alla Feltrinelli, mi sono segnata la data”.
Elizaveta Illarionova, PhD
Elizaveta, che dirle? Viva il Verri e anche viva Bianca Balti, che tutto il mondo ci invidia, come direbbe, con émpito patriottico, il ministro dei Beni Culturali. E grazie di cuore per avere “promosso” a romanzo a puntate questa mia newsletter. Il prossimo capitolo del romanzo è lunedì prossimo, sperando che non sia ancora scoppiata la terza guerra mondiale e i granchi pelosi cinesi non abbiano fatto irruzione da Harrods, divorando i presenti.