Affar nostro
Una newsletter di
Affar nostro
Michele Serra
Martedì 9 luglio 2024

Affar nostro

«Rimango dell’opinione che Biden non avrebbe dovuto mettere nel conto un secondo mandato (Trump, nemmeno il primo)»

Joe e Jill Biden tornano all'Air Force One per lasciare Harrisburg, Pennsylvania, 7 luglio 2024 (Michael M. Santiago/Getty Images)
Joe e Jill Biden tornano all'Air Force One per lasciare Harrisburg, Pennsylvania, 7 luglio 2024 (Michael M. Santiago/Getty Images)

Mi ha telefonato il Grande Vecchio. Non ne faccio il nome per discrezione e perché non è mai elegante vantarsi degli amici illustri. Sappiate solo che è davvero grande e davvero vecchio, nonché lettore accanito di Ok Boomer!. Voleva parlarmi di Biden – di Biden in generale e di quello che ho scritto su Biden lunedì scorso. L’idea che a una certa età sia meglio farsi da parte non deve essergli sembrata molto convincente.

Gli ho detto: scommetto che tu hai preso impegni ben oltre i 90 anni. “Veramente, fino ai 110”, mi ha risposto. Era una battuta di spirito, ma conteneva un’obiezione. “La scelta di Biden di ricandidarsi è un gesto stoico”, ha aggiunto. Stoico: che nel caso in questione vuol dire il contrario di vanitoso, o borioso, o superficiale. Se si rimane sulla scena oltre il limite della stanchezza, non è per vanità. O meglio: non è solo per vanità, essendo la vanità una delle componenti quasi onnipresenti dell’agire umano. Lo si fa anche per dovere etico, per onorare il proprio ruolo in società, per spirito di servizio: questo voleva dirmi, in buona sostanza, il Grande Vecchio. “Lo faccio perché devo farlo, perché tocca a me, perché le cose sono andate così”. Questo, secondo lui, è il pensiero profondo di Joe Biden, in questi terribili giorni.

Che l’età molto stagionata (presto anche la mia) influisca sul modo di vedere le cose, è fuori di dubbio. Che con gli anni sia possibile confondere il senso del dovere con il sentimento ingannevole dell’insostituibilità, anche. Ma la questione non è di quelle che si liquidano con un’alzata di spalle, o con un’invettiva contro la gerontocrazia, o con l’errore uguale e contrario, che è accusare i più giovani di non essere in grado di rimpiazzare i vecchi, così che i vecchi possano accampare il micidiale alibi “io mi farei da parte, ma per disgrazia non vedo nessuno all’altezza di prendere il mio posto…”.

Rimango dell’opinione che Biden non avrebbe dovuto mettere nel conto un secondo mandato (Trump, nemmeno il primo). E appena entrato alla Casa Bianca avrebbe dovuto fare ogni sforzo, mobilitare ogni cervello e vice-cervello attorno al tema: chi si candiderà al mio posto tra quattro anni? E però considero la domanda “a quale età si deve fare un passo indietro?” meritevole di molte risposte, non di una sola. Trump, per esempio, avrebbe dovuto fare un passo indietro già intorno ai sedici anni e sparire dalla circolazione, cercavano personale in molte arene da rodeo, laggiù nel Midwest. Ma per quelli come lui certe domande non hanno senso, non si pongono né a dodici anni né a cinquanta né a ottanta né mai. La domanda “qual è il mio posto del mondo” (What Was I Made For? è il pensiero di Barbie grazie alla meravigliosa voce di Billie Eilish) non è a carico dei boriosi e dei cialtroni, è a carico dei pensosi, di quelli che non sono sempre sicuri di essere al posto giusto e di fare le cose giuste, e soprattutto di quelli che hanno, oltre alle mire pubbliche e professionali, anche forti consolazioni private, luoghi interiori da frequentare, un prezioso “altrove” dove rifugiarsi, all’occorrenza. Che sia una resa, una dismissione o una liberazione, quell’“altrove”, è cosa che ogni vecchio intelligente impara a capire.

E quando, dopo la telefonata del Grande Vecchio, mi sono arrivate le vostre mail, ho capito che, effettivamente, la questione Biden è di quelle che muovono la ragione e i sentimenti. Si sono astenuti, sull’argomento, i miei lettori più giovani. L’ho inteso come un segno di rispetto. Di buona educazione. Come dire: è affare vostro, dopotutto, decidere quando levare il disturbo.

“Sono molto stanca di questa storia di Biden e la sua vecchiaia. Ho recuperato il dibattito e, per quanto incerto, debole e a tratti confuso, ho visto un Biden sul pezzo, intento a mettere freno alle enormi castronerie di un uomo assurdo. Non mi risulta che Biden abbia imposto la propria presenza, mi risulta invece che nessuno si sia fatto avanti per prenderne il posto. Biden è vecchio, o quanto meno lo è nel fisico, nei modi, nella voce roca, negli occhi strizzati a fessura per concentrarsi; tuttavia è un uomo che ha fatto moltissimo per gli Stati Uniti, che ha corretto, dove possibile, gli enormi casini di un ex-Presidente tronfio e ridicolo. Al netto degli inciampi e della vecchiaia incalzante, l’unica cosa sensata da fare al momento è ignorare i suoi difetti per criticare massicciamente Trump e i suoi sproloqui, a cui evidentemente ci siamo abituati se la prima notizia dopo il dibattito è stata la defeat di Biden e non le assurde balle di Trump. Io difendo Biden fino alla fine e se vincerà il Coso, al contrario di quello che penso quando si parla di sinistra italiana, non darò certo la colpa a Biden! Che, a differenza della sinistra italiana degli ultimi decenni, ha combinato davvero qualcosa!”
Francesca

“Da geriatra in pensione non posso esimermi dall’intervenire sull’argomento Biden. Condivido tutte le tue paure e spero che si riesca a trovare una via d’uscita percorribile, ma il problema rimane: per quanto lucido e preparato uno sia e si senta, dopo gli ottanta la vita da aggiungere agli anni che restano va considerata in maniera relativa, intesa proprio in senso scientifico, ‘quantistico’. Le scapagninerie da te ricordate sono prodotti nazionali, e alle ultime elezioni più di due milioni e trecentomila cittadini hanno votato un partito con il nome di un morto nel simbolo. Il lavoro che abbiamo portato avanti con i pazienti anziani era indirizzato a migliorare la qualità della vita e delle cure, non a promettere allungamenti di vita, di cuoio capelluto o di performance ginnico sessuali ancora ambite”.
Renzo

“Settantenne (e dunque tua coetanea) mi accorgo sempre di più quanto siano pressanti e spesso contraddittorie le richieste nei nostri confronti! Dobbiamo essere attivi e grintosi (la terribile definizione di pantere grigie si deve ad un tuo illustre collega), ma non troppo ingombranti: spazio ai giovani! Teneri e accudenti, disponibili ad ogni chiamata nei confronti di figli e nipoti, ma discreti e complici! Attenti alla salute, ma senza affliggere il prossimo con gli aggiornamenti sul nostro quadro clinico e senza abusare di farmaci (a tal proposito mi ha colpito che Garattini, direttore di un prestigioso istituto di ricerca farmacologica, dichiari con orgoglio di non prendere medicine!). Saggi, ma disposti a dispensare saggezza solo se richiesti”.
Silvana

“Come posso impegnare il futuro degli altri, quando io non ce l’ho? Posso decidere quello che verrà, quando conosco solo quello che è stato? Stabilito l’indice dell’età media di vita, dopo quella data si deve liberamente scegliere di non votare. Forse anche un po’ prima! Seguo il tuo consiglio, mi piace guardare le leggere nuvole portatrici di
benessere”
Giuseppe, 87 anni

“Sono allibito del fatto che una popolazione di 300 milioni di abitanti non abbia saputo trovare tra le sue fila un paio di politici esenti dalle prevedibilissime controindicazioni che l’età avanzata comporta. Non me ne capacito. Almeno in questo senso l’Europa mi pare oggettivamente più ragionevole e coraggiosa. Il fatto che la classe dirigente democratica (quella repubblicana oramai mi pare perdutamente soggiogata) non abbia capito la predominanza della pancia nel discorso politico, e non abbia provato a gestirla individuando un personaggio che potesse sparigliare per freschezza e personalità (sono contrario a “la moglie di” ma mi viene in mente Michelle Obama), e si ostini a battere sull’attuale presidente e sui suoi indubbi meriti (occupazione e economia) senza rendersi conto che di fronte alla senilità incipiente risultano inesorabilmente perdenti, mi risulta incomprensibile. Alla follia di Trump i democratici non sono stati capaci di contrapporre nemmeno la pur perdente ragionevolezza, dato che un possibile presidente incapace di intendere e di volere è lontano anche da questa. Mi viene in mente un film d’animazione dove si vede un branco di dodo obnubilati che si gettano nel dirupo fino all’estinzione”.
Marco

“In democrazia, anche quelle strane come quelle odierne, a nessuno è impedito di candidarsi. Il partito democratico è (era?) pieno di esponenti, giovani e meno giovani, battaglieri e con qualcosa da dire. E senza timore reverenziale. Anzi, la cultura americana, di base, considera la giovinezza un valore. Sapevano che Biden fosse anziano. Lo sapevano prima e lo hanno verificato in questi anni. Nessuno si è candidato contro, pratica che, sebbene complicata nel caso di un presidente al primo mandato, avrebbe quanto meno evidenziato la questione per affrontarla quando era ancora possibile. Non solo: ci sono state le primarie! I cittadini americani di quella parte politica hanno scelto. Il dado è tratto, Biden è candidato e la scelta è tra lui e Trump. E il candidato più adatto a battere Trump è Biden, dati alla mano. Come dicono i giovani: stacce”.
Luca

“In un bel documentario su Eduardo De Filippo questo grande vecchio, rispondendo su come intendesse la vecchiaia, disse (non ricordo le parole esatte ma solo i concetti) che per invecchiare bene occorrono due cose: imparare a ‘sottrarre’, distaccandosi dal possesso di cose materiali di cui ormai non abbiamo più alcun bisogno, aprire le mani, lasciare andare, donare. La seconda, non guardare indietro ma sempre avanti, frequentare i nipoti e farsi incuriosire dai loro sogni, dalle loro nuove abilità. Cercare, se ci si riesce, di imparare ancora qualcosa ogni giorno. Adesso che di anni ne ho 73, faccio del mio meglio per mettere in pratica il suo insegnamento. Serve impegno e mente aperta, non è semplice, ma sento che ho buone possibilità di farcela”.
Vittoria

*****

Ho letto in ritardo (leggo e vedo tutto “in ritardo”, ormai, ma forse è sbagliato il concetto: per esempio quando mai leggerò il Don Chisciotte sarò in ritardo di quattro secoli abbondanti) il libro di Gad Lerner su Gaza, suonerebbe quasi comico definirlo un “instant book” perché contiene l’esperienza, i pensieri, le letture di una vita, e un substrato culturale di secoli.

Il sottotitolo è “Odio e amore per Israele”. È un libro dolente, intelligente, soprattutto spietatamente onesto. Che lo abbia scritto un mio amico non può esimermi dal parlarne bene. Lo metterei tra i non molti materiali utili per farsi un’idea decente, seria, documentata su quella tragedia infinita. Non piacerà a chi su quella storia non ha un’idea dialettica, e ne dà una lettura o molto ortodossa o molto superficiale: infine, inevitabilmente, disonesta. Leggendolo ho imparato un sacco di cose che non sapevo. Per esempio che i filistei erano i palestinesi, e dunque la leggendaria frase “muoia Sansone con tutti i filistei”, laddove l’eccidio e il suicidio sono la stessa cosa, suona, aggiornata, come una specie di didascalia di quanto sta accadendo oggi.

Molto viene detto sulla profonda trasformazione politica e culturale di Israele, sul mito della forza e della Nazione che ha infine prevalso sulla visione socialista-messianica del primo sionismo. E molto su Hamas, la sua natura fondamentalista/razzista e il suo dissimularla con espedienti tattici. Non è un libro che lasci molte speranze, però è un libro che nutre la fiducia nella cultura, nella conoscenza delle cose, come solo possibile vero varco per uscire dall’inferno. O per attraversare il mar Rosso, direbbe Gad.

*****

Dalla homepage del Messaggero Veneto, Sandra segnala il titolo che apre degnamente le “Zanzare mostruose” di questa settimana (per i nuovi lettori, si tratta di una rassegna di titoli di giornale “sbagliati”, o incomprensibili, o smodati, o involontariamente ridicoli)

ENTRANO IN UNA CASA MA NON RIESCONO A RUBARE NULLA: DENUNCIATI

Speriamo che il giudice non applichi l’aggravante dell’incapacità. Giorgio segnala, da Repubblica.it di un paio di settimane fa:

DISAGI NEL PROTO DI NAPOLI

Trattavasi del porto. Il refuso è formidabile perché il proto, fino a qualche tempo fa, era il responsabile della tipografia, dunque il nemico numero uno dei refusi. Non credo esistano ancora i proti, ma se qualcuno ha traccia di proti viventi me lo faccia sapere, come minimo brinderò alla loro salute. Nella gloriosa tipografia di Viale Fulvio Testi in Milano, quando cominciai a fare il giornalista, all’Unità, ai tempi di Gutenberg, i proti si chiamavano Colombo e Squarzoni. Mi ricordo ancora le facce, le voci, i vigorosi richiami quando si tardava a chiudere il giornale e le rotative già fremevano. Tutto era metallo e fracasso, inchiostro e allegri insulti interetnici oggi improponibili. Ogni volta che entrava l’impaginatore siciliano Barbanera, qualche collega milanese gli gridava: “Barbanera, hai trovato parcheggio per il cammello?”. Risposta: “Sì, sotto la casa di tua moglie”. Scusate la madeleine…

Marco, chiedendo venia per la licenza (non si tratta di un titolo di giornale ma di una locandina pubblicitaria), invia la foto, scattata a Livorno qualche anno fa, di un annuncio che sarebbe piaciuto a Tim Burton:

AREA ATTREZZATA PER BAMBINI GONFIABILI

Lo sforzo di sintesi deve avere gravemente fuorviato l’autore.

Per oggi è tutto, me ne vado in montagna per qualche giorno a meditare sui miei freschi 70 anni e nel prossimo numero avrò qualcosa da raccontarvi in proposito. In alto i cuori, il mio salirà, per la precisione, fino a 2568 metri. Con il valore aggiunto – emotivamente parlando – che questa altitudine sarà in territorio francese, e abbiamo davvero qualcosa di molto importante da festeggiare, noi francofili.
Il personale medico e paramedico è già stato allertato.