La storia di Peris Tobiko
Peris Tobiko è la prima donna Maasai eletta all’Assemblea Nazionale del Kenya. Brillante corso di studi, laureata in Scienze politiche con un master in relazioni internazionali, 42 anni e madre di quattro figli, impegnata in progetti comunitari e già direttrice del Museo Nazionale del Kenya, aveva perso con onore alle elezioni del 2007. Questa volta Peris ha vinto almeno due volte: il 18 gennaio, alle primarie del TNA, contro quattro contendenti uomini. E poi il 4 marzo, nel collegio uninominale di Kajiado est, contro altri quattro sfidanti. Ha ottenuto oltre 23 mila preferenze, circa 700 in più del secondo.
Soprattutto, però, Peris ha vinto contro la volontà degli anziani Maasai, che avevano pronunciato la propria “maledizione” rispetto alla possibilità di essere rappresentati da una donna, per di più sposata a un uomo di un altro distretto (Narok), che ha regolarmente versato la dote (per la tradizione, la donna Maasai apparterebbe alla comunità dell’uomo che sposa). Per tutta l’adolescenza, Peris era riuscita ad aggirare la volontà del padre di darla in sposa ad un suo amico, trent’anni più grande di lei e già sposato con altre donne. Alla fine, grazie al sostegno di alcuni insegnanti e di suo fratello, riusciti a persuadere il padre sulle doti manageriali e carismatiche di Peris, ha sposato l’uomo che ha scelto. Ed è proprio al marito, che l’ha sostenuta in tutta la campagna, vendendo anche una parte del bestiame di famiglia, che Peris dedica la sua vittoria.
Questo successo lancia una sfida all’interno di una comunità pastoralista e tradizionalista che dietro al fascino della scoperta culturale presenta numerosi tabù riguardo ai diritti delle donne. L’elezione di Peris è stata resa possibile dal sostegno di tanti giovani che hanno affermato la propria autonomia in contrasto con i dettami deli anziani e della “tradizione”. La città principale del collegio di Kajiado est, Kitengela, si trova poco a sud di Nairobi all’incrocio tra la Mombasa road e la Arusha road ed è un centro cosmopolita e più aperto rispetto all’entroterra della provincia dove risiede la maggioranza della comunità Maa del Kenya.
Le elezioni generali del 4 marzo, disciplinate dalla nuova costituzione del 2010 che predispone un nuovo assetto istituzionale e un nuovo quadro giuridico-normativo, prevedevano il voto per ben sei posizioni elettive (tre in più rispetto alle precedenti elezioni): Presidente della Repubblica, 47 Governatori di counties, 47 Senatori (1 per county), 47 donne (1 per county), 290 membri dell’Assemblea Nazionale e, infine, migliaia di consigli circoscrizionali. L’affermazione della Tobiko acquista maggiore valore considerato che è avvenuta in uno dei 290 collegi dell’Assemblea Nazionale e non nella competizione per il seggio riservato alle “quote rosa”.
La commissione elettorale, il 9 marzo, ha proclamato Uhuru Kenyatta Presidente della Repubblica con il 50,07% dei voti, vale a dire appena 8000 voti sopra la soglia del 50% a fronte di oltre 12 milioni di keniani che si sono recati alle urne. La coalizione di Raila Odinga, che si è fermata al 43,2%, ha presentato oggi (sabato 16, ndr) ricorso presso la Corte Suprema, la quale ha quattordici giorni per pronunciarsi. Per la Costituzione, qualora il ricorso fosse accolto, significherebbe nuove elezioni, aperte a tutti, entro 60 giorni. Si tratta di una durissima prova del fuoco per il sistema giudiziario keniano appena riformato. L’esito del verdetto non è scontato e sono molteplici gli scenari possibili, compreso lo spettro della violenza etnica che ha caratterizzato il dopo-elezioni del 2007, causando oltre mille morti e centinaia di migliaia di sfollati.
La coalizione che ha sostenuto Kenyatta assume la vittoria, invia messaggi di pacificazione nazionale e continua le consultazioni per formare il nuovo governo. Il tempo delle sfide per Peris Tobiko non finisce mai: si è subito rimboccata le maniche per mettersi al lavoro e far valere all’interno delle istituzioni keniane il contributo delle donne per una più equa distribuzione delle risorse e la tutela delle comunità minoritarie.