A che punto è la nuova Tunisia
Tunisia: chiusa la fase dei ricorsi elettorali, continuano le negoziazioni per il nuovo governo
La lista Al Aridha riottiene in tribunale i seggi che le erano stati tolti dalla commissione elettorale
In Tunisia si è conclusa ieri la fase dei ricorsi elettorali, con un’altra sorpresa rispetto ai risultati preliminari annunciati dall’ISIE (Instance Supériore Indépendante pour les Elections) il 27 ottobre scorso. Alla lista Al Aridha – Petition Populaire sono stati riassegnati i sei seggi che le erano stati tolti dall’ISIE, cui se ne è aggiunto anche un settimo. La Pétition Populaire del ricco Hachem El Hamdi si attesta quindi come terza forza parlamentare tunisina con 26 seggi in totale, dietro al CPR di Moncef Marzouki (29) e avanti al FTDL-Ettakatol di Mustapha Ben Jafaar (21), mentre Ennahda occuperà ben 89 scranni nella nuova Assemblea Costituente. La riassegnazione dei sette seggi ha solo leggermente ridimensionato il risultato finale di Ennahda e del CPR che ci hanno rimesso 2 seggi il primo e 1 il secondo.
La Pétition, considerata come una forza trasversale, controversa e poco coesa che ingloba ex sostenitori del deposto Ben Ali insieme a fuoriusciti di altri movimenti politici (incluso Ennahda), dovrebbe in principio andare all’opposizione, non tanto per propria volontà quanto per il rifiuto delle altre forze politiche ad avere a che fare con lei.
Nel complesso, i ricorsi presentati sono stati in totale 104. Tra questi, 53 rigettati per vizi di forma, 29 rigettati sulla sostanza, 15 annullati per desistenza dell’oppugnante, 1 per incompetenza. In finale, quindi, solo 6 i ricorsi accolti con parere favorevole dal Tribunale amministrativo di Tunisi: oltre ai 5 ricorsi che riguardavano la lista Al Aridha, il sesto verteva sull’istanza di Ennahda in merito a degli errori nel computo dei seggi nella regione di Medenine, dove ha quindi guadagnato un seggio in più.
La decisione della corte ha provocato festeggiamenti nella regione di Sidi Bouzid, a fronte degli scontri con la polizia e i disordini urbani che avevano fatto seguito alla decisione dell’ISIE di annullare i voti in favore di Al Aridha, destando preoccupazione e attenzione. Pertanto a Sidi Bouzid, da dove è cominciata la rivoluzione tunisina nel dicembre 2010, Al Aridha ha ottenuto 3 seggi e risulta essere la lista più votata innanzi ad Ennahda – unico caso tra tutte le 33 circoscrizioni elettorali (27 in Tunisia e 6 all’estero).
Nelle prossime ore si attende l’annuncio dei risultati finali da parte dell’ISIE e non dovrebbero esserci altre sorprese. Gli osservatori internazionali, intanto, in particolare l’Unione Europea e il Carter Center, hanno evidenziato alcune importanti lacune emerse nel processo elettorale. Queste riguardano principalmente la lentezza nell’aggregazione dei risultati e l’annuncio degli stessi, e la non esposizione pubblica dei risultati a livello regionale e locale, che avrebbe certamente facilitato la fase dei ricorsi. Sul piano politico, invece, i governi mondiali hanno visto con favore l’esito del voto tunisino e l’entusiasmo delle elezioni del 23 ottobre. Tutti si dichiarano pronti a collaborare con il nuovo esecutivo, atteso nelle prossime settimane, mentre si minimizzano i rischi di un’escalation islamica al potere. In tal senso, importanti aperture di credito sono giunte ieri dal segretario di stato statunitense, Hillary Clinton.
L’Assemblea Costituente dovrebbe riunirsi il prossimo 15 novembre e solo dopo verrà varato il nuovo governo, da cui si attendono importanti indicazioni rispetto alla tabella di marcia prevista per la stesura della nuova costituzione e la forma di Stato che si intende adottare. Argomenti, questi ultimi, che cominciano ad animare il dibattito culturale e politico interno. Tranne sorprese dell’ultima ora, il primo ministro sarà Hammadi Jabali, attuale segretario generale di Ennahda, il quale lancia messaggi di rassicurazione dichiarando che nella nuova costituzione non vi sarà posto per la religione.
Nelle settimane successive al 23 ottobre sono proseguiti i colloqui tra le principali forze politiche – spesso in sordina, data anche la coincidenza con le celebrazioni dell’Aid el Fiter del 6 e 7 novembre. È oramai cosa certa l’accordo tra gli islamici moderati di Ennahda con i laici nazionalisti del CPR e i social-democratici di Ettakatol. Permane il riserbo sul nome del prossimo Presidente della Repubblica e del Presidente dell’Assemblea costituente, posti che dovrebbero essere al centro delle trattative e che Ennahda potrebbe cedere ai suoi nuovi alleati.
Resta da definire la posizione del PDP di Najib Chebbi (17 seggi), grande sconfitto di questa tornata elettorale. Sebbene Rached Gannouchi, leader indiscusso e carismatico di Ennahada, continui ad esprimere la volontà del suo partito in favore di un governo di unità nazionale, non è da escludere che il PDP scelga di sedere tra i banchi dell’opposizione per cercare di coalizzare il fronte democratico in vista degli appuntamenti elettorali previsti durante il prosieguo della transizione democratica. In questo senso, infatti, l’invito a creare un fronte democratico secolarista anti-Ennahda viene lanciato dal PDM (5 seggi, sotto le aspettative) e da Afek Tounes (4 seggi, ma novità del panorama politico tunisino).