Sbarcato a Tunisi
Sono atterrato all’aeroporto di Tunis-Carthage alle 21 ora locale, con un’ora di ritardo rispetto all’orario previsto. Il mio vicino di posto, Saduk, mi saluta calorosamente e si avvia verso Bizerte (40 km a nord di Tunisi e il principale porto commerciale del paese), la sua città natale, dove sta rientrando per problemi di famiglia. Abbiamo parlato per tutta la durata del viaggio: è in Italia da quindici anni ed ora vive a Siena, la mia città universitaria dove è stato facile ed emozionante risalire a tante conoscenze comuni. Ho approfittato della sua disponibilità per chiedergli le prime informazioni pratiche per questa nuova avventura e sono pronto a dirigermi verso il centro.
Cambio un po’ di soldi e cedo alla pressione dell’ennesimo tassista che mi offre i suoi servizi per portarmi all’Hotel Le Consul, in rue de Palestine, bella coincidenza anche questa: dal conflitto dei conflitti cominciò la mia passione per il Mediterraneo e il Medio oriente, culminata nel 2003 in sei mesi trascorsi in Israele, Giordania e nei Territori occupati, esperienza che ancora oggi considero il miglior Master di geopolitica che abbia frequentato.
Il tempo di salire in camera, riporre rapidamente i miei bagagli, parlare a mia moglie Emanuela e guardare su skype mio figlio Claudio, per poi lanciarmi subito nella calura delle strade della capitale tunisina dove a quest’ora fanno ancora trenta gradi. Sono le 22.30 e sono molto stanco, ma non posso resistere alla voglia di esplorare i dintorni del centro cittadino.
È domenica sera e non c’è molta gente in giro, mentre molti giovani, quasi esclusivamente uomini, affollano i tavolini dei caffè e salon de thé, fumando narghilé e sigarette, discutendo animosamente. Le case sono tutte basse e non direi che le strade siano molto pulite. Chiedo dove poter mangiare qualcosa, mi indicano di proseguire verso rue Jean Jaurés, a conferma di una toponomastica socialisteggiante frutto della prima repubblica (Bourguiba, 1956-1987) e sicuramente in mutazione dopo la fuga di Ben Ali del famoso 14 gennaio 2011, l’alba delle primavere arabe.
Mangio un rapido showarma ai limiti delle condizioni di accettabilità igienica, convinto che non mi farà male per quella relazione stretta che certamente esiste tra condizione fisica e psichica! Bevo una coca light seduto allo sgabello sul fronte strada mentre pochi metri più in là si celebra un matrimonio con musiche berbere ed abiti tradizionali.
Mi guardo intorno e penso, ma non ho voglia e non ho tempo di trattenermi troppo, sebbene sia convinto che in tanti dei capannelli di ragazzi che mi circondano si stia discutendo come mai si poteva prima degli eventi del gennaio caldo che ha messo fine ad un regime che tutti probabilmente consideravano tra i più stabili della regione. La Tunisia è il paese arabo con il più alto reddito pro-capite, nel continente africano è secondo solo a quello del Sud Africa e la comunità internazionale amava vantarsi dell’impatto positivo che gli investimenti esteri diretti (IDE) avrebbero avuto sulla distribuzione di ricchezza interna al paese, senza troppo volersi immischiare nelle pratiche di gestione del potere e malversazione dell’economia.
Preferisco ripercorrere al contrario la stessa strada dell’andata, rientrare in albergo e tuffarmi nella lettura di uno dei tanti libri che ho portato con me. Domani, già ora, comincia una nuova vita.