Michael Jordan vola ancora, 23 anni dopo
Tutto buio, solo il rumore di un pallone che rimbalza sul parquet. Poi le prime parole. I can never stop working hard. Parole che sapevo a memoria. Each day I feel I have to improve. Anzi, parole che so ancora a memoria. Hard work, determination, I’ve got to keep pushing myself. L’inizio in inglese (con i sottotitoli sul parlato originale), poi le prime battute del doppiaggio (sulla voce narrante fuori campo) che “entravano” pochi secondi dopo. Così: “Un giovane, con sogni di grandezza sul diamante del baseball / Posseduto da quella voglia che ti può far arrivare / Queste sono immagini di quello che avrebbe potuto essere… / Ma la realtà non è mai stata così bella”. Appena prima che la voce di Flavio Tranquillo iniziasse a guidarci in un viaggio indimenticabile, un ragazzo in canotta e calzoncini, con un bel sorriso stampato sul volto, si avvicinava alla telecamera per pronunciare semplicemente poche parole: “Ciao, mi chiamo Michael Jordan e vorrei che mi seguiste in questo viaggio per scoprire il segreto che io conosco da molti anni: l’uomo è davvero destinato a volare”.
Ecco, inizia così Michael Jordan: Come Fly With Me, il video sportivo che ancora oggi – a oltre due decenni dal suo lancio – rimane il più venduto di sempre. Si celebra un anniversario speciale, perché da quel 26 gennaio 1989 a oggi sono passati esattamente 23 anni, e quando si parla di Michael Jordan il 23 non può essere un numero casuale.
Se Michael Jordan ha cambiato la storia della pallacanestro (e l’ha cambiata, fidatevi), quei 45 minuti scarsi hanno fatto lo stesso per la storia dell’home video sportivo. Perché oggi produzioni simili sono la norma – anzi, sono ormai ampiamente superate, anacronistiche – ma allora non si era mai visto niente di simile. Era la fine degli anni ’80 e Michael Jordan, lungi dall’essere la leggenda che sarebbe diventato, veniva “intercettato” nell’istante perfetto della sua carriera: in rampa di lancio. Aveva già vinto un titolo NCAA e un oro olimpico a Los Angeles, certo (nella 23esima Olimpiade, non a caso), ed era stato votato miglior giocatore NBA e – contemporaneamente! – miglior difensore della Lega nel campionato appena concluso (1988). Si era portato a casa anche il secondo titolo di capocannoniere consecutivo e la seconda corona in fila di miglior schiacciatore. Ma nella NBA non aveva vinto niente, neppure uno dei sei anelli che finirà per mettersi alle dita, per cui la reale consacrazione era ancora lontana.
Di più, la NBA per il grande pubblico rimaneva la lega di Magic Johnson e Larry Bird – ognuno con il suo VHS d’ordinanza, Always Showtime e Larry Legend. Giocatori meravigliosi, stupendi, come meravigliosi e stupendi anche i due video che li celebravano. Ma poi arrivò MJ, arrivò Come Fly With Me (poi, nel 1991, anche Spike Lee, la Nike e gli spot celebri) e non fu più la stessa cosa. Jordan – quel Jordan che poi sarebbe diventato il mostro sacro, il “Moloch” NBA, il più grande di tutti i tempi e il paragone, tanto naturale quanto irraggiungibile, per qualsiasi giocatore di pallacanestro (o forse di atleta tout court) – in quel particolare momento storico era ancora lo sfidante, la faccia nuova, il personaggio “up and coming”, con dalla sua il fascino del genio rivoluzionario che va all’assalto dello status quo (Los Angeles e Boston, le dinastie dominanti del basket americano anni ’80).
Anni in cui qui in Italia, in TV, si vedeva forse una partita a settimana, e si trattava di gare disputate giorni prima. Di colpo, invece, si inseriva il VHS nel videoregistratore ed ecco Michael Jordan che invitava ognuno di noi a seguirlo in un viaggio affascinante. C’erano le immagini del Jordan bambino, quelle della sua scuola nel North Carolina (che con un po’ di fantasia poteva somigliare alla nostra), del fratello più grande Larry che lo ha formato e della maestra di matematica Janice Hardy, che gli ricordava di studiare, “perché è così che si fanno i soldi!”. C’erano mamma Deloris e papà James, prima che venisse assassinato da dei balordi (uno dei momenti chiave nella vita di MJ). E c’erano i suoi voli, le sue schiacciate, in testa al piccolo John Stockton e, subito dopo, sfidato da un tifoso (“Prenditela con qualcuno della tua taglia!”), anche al gigante Mel Turpin (Is he big enough?). In un video che abbonda di estetica anni ’80 – nelle pettinature delle signore, negli orrendi completi del Jordan testimonial pubblicitario, nelle stesse divise di gioco – sono proprio i suo voli a canestro, le scorribande nel cuore delle difese avversarie la cosa meno anacronistica, ancora attuale, a dimostrare la grandezza e la modernità del Jordan giocatore.
Uno che 23 anni fa ci ha invitato a volare con lui.
Uno grazie al quale, 23 anni dopo, dobbiamo ancora toccare terra.