Kobe Bryant sulla Walk of Fame
Io al Chinese Theatre ci sono già stato. Lo scorso weekend. Ora ci sarà la gente in fila per vedere le star da Oscar, ma la fila su Hollywood Boulevard c’era già anche sabato. Erano soprattutto latini e afro-americani, in mano una macchina fotografica e un foglio con biro, per un improbabile autografo. Anche loro erano lì per le star, anzi per una star: “migliore” sì, “attore” ne parliamo a breve, “protagonista” di sicuro. Erano lì per Kobe Bryant, e io ero lì per lo stesso motivo, soltanto con un benedetto pass che mi permetteva di evitare la fila ed entrare al Chinese Theatre con tutta calma, a un’ora dall’evento. Evento? Sì, evento – e storico anche.
Kobe Bryant, sabato scorso, è diventato il primo atleta di sempre ad avere le sue impronte (mani&piedi) immortalate sul tratto di marciapiede più famoso del mondo. Onore non da poco perché, se sono oltre 200 le stelle immortalate sulla celebre Walk of Fame hollywoodiana – da Marilyn Monroe a Brad Pitt, da Arnold Schwarzenegger a Will Smith, da Harrison Ford a John Wayne – finirci a furia di canestri segnati non era ancora riuscito a nessuno. Jimmy Kimmel, nel presentarlo, ha detto che “il momento in cui Kobe assomiglia di più a un attore è quando fa finta di voler passare la palla a Luke Walton” (suo compagno ai Lakers, solo un po’ più scarso, come è facile intuire…). Beh, Jimmy Kimmel si sbagliava. Bastava chiedere a Robert Rodriguez, uno che al cinema ha fatto risuonare con la stessa dirompente potenza vitale chitarre (El Mariachi) e mitra (Machete). Ecco allora che, impressionato dagli assolo del 24 gialloviola o dalle sue raffiche di punti, l’ultima trovata di Rodriguez (con la benedizione di Nike) è un corto/spot di pochi minuti che vede Bryant nei panni del suo alter ego, The Black Mamba (sì, quel Black Mamba, il nome di battaglia di Beatrix Kiddo in “Kill Bill” dell’amico Tarantino, ma anche il soprannome del campione dei Lakers).