Il dito, la luna e il college football

“Quando il saggio indica la luna, lo sciocco guarda il dito”.
Il famoso proverbio mi è rimbalzato in mente non tanto per la distinzione tra saggi e sciocchi, ma più per quella più tra luna e dito.
Perché l’ho guardato (e riguardato) anch’io, il bel VideoPost di qualche giorno fa (“Paracadutarsi in uno stadio da football”). E, come immagino tanti di voi, mi sono fatto travolgere da una serie di diverse emozioni – paura la prima, al lancio, senso di libertà poi, e quindi gioia, divertimento, ammirazione. Seguire la discesa dal cielo fino al campo di football è senza dubbio emozionante (anche se l’atterraggio sembrava esserlo meno, e le mie rotule hanno ringraziato di non aver mai dovuto assorbire impatti del genere…).
Però…
Però la deformazione (semi) professionale mi ha portato subito a guardare la luna invece del dito. E la luna, per me, era quella macchia di colore – gialloblu – che stava a migliaia di metri di distanza, sullo sfondo dell’impresa del Sergente Adam Sniffen, della 101esima Divisione Airborne.
Attorno ai 2:30 del video, la scritta sulle due “end zone” diventa facilmente decifrabile: “MICHIGAN”. Automaticamente diventano così accessibili alcune informazioni: il luogo è Ann Arbour, sede dell’università statale, e lo stadio è la casa dei Michigan Wolverines. Si chiama, semplicemente, Michigan Stadium, ma va a libri come il più grande stadio di tutti gli Stati Uniti. Ufficialmente accoglie – per la gioia degli amanti del palindromo – 109.901 spettatori, ma sono regolarmente oltre gli 111.000 quando in campo ci vanno gli adorati Wolverines del campionato di Football NCAA. Nel 1999, per esempio, la media spettatori (sottolineare la parola “media”) è stata di 111.175. Per vedere dei ragazzi, dai 19 ai 22 anni, giocare a football. Neppure professionisti, ma semplici “amatori” (almeno da regolamento) o meglio “student-athletes”, nella definizione americana.
Un caso? Un’eccezione.
Macché.
Ho visto di persona lo stadio dei Longhorns di Texas, nel campus di Austin: accoglie 100.119 spettatori ogni partita, e raramente c’è un buco libero.
A Columbus, nell’Ohio, vanno con regolarità alla partita oltre 105.000 spettatori, tutti a tifare Buckeyes nel mitico “The Shoe”, che col suo nome ufficiale – Ohio Stadium – è incluso nel Registro Nazionale dei Luoghi Storici degli Stati Uniti.
Stesso discorso per seguire i Volunteers a Tennessee, dove nel 2003 la media del pubblico ha toccato quota 105.038, mentre se a Baton Rouge, per tifare Louisiana State, più di 90.000 allo stadio non ci entrano, altri 20.000 di media compiono ugualmente il pellegrinaggio alla partita solo per godersi il barbecue nel parcheggio. Si può finire con il paradosso dei Mountaineers: quando la squadra di football di West Virginia scende in campo a Morgantown, ci sono più spettatori sugli spalti (60.000) che abitanti nella più grande città dello stato (Charleston, 53.000).
È la magia dello sport universitario americano. Torneremo presto a parlarne.

Mauro Bevacqua

Nato a Milano, nel 1973, fa il giornalista, dirige il mensile Rivista Ufficiale NBA e guarda con interesse al mondo (sportivo, americano, ma non solo).