Un giuramento di Ippocrate per i matematici?
Qualche giorno fa il Guardian ha pubblicato un’intervista ad Hannah Fry, dove la matematica e saggista propone che matematici (e informatici) pronuncino l’equivalente del giuramento di Ippocrate per i medici: una promessa solenne di considerare le implicazioni etiche dei loro studi, da farsi all’inizio della loro carriera. Fry racconta di essersi sentita parecchio a disagio alcuni anni fa, quando presentò in una conferenza a Berlino un suo modello al computer delle rivolte britanniche nel 2011, costruito per la polizia inglese, e dal pubblico partì un battibecco nel quale le si rinfaccia cosa quel modello sarebbe potuto essere nelle mani di uno stato di polizia.
L’idea di una simile promessa – potremmo chiamarla “giuramento di Hardy” pensando all’Apologia di un matematico – parrebbe interessante: io però ho dei forti dubbi. Il problema non è tanto il pensiero che un giuramento simile dovrebbero farlo anche fisici, chimici, biologi: sì, è vero, ma non è certo una buona ragione per fare finta di nulla e nascondersi dietro un vile “prima loro”. I miei dubbi sono proprio legati alla natura della matematica, che è ben diversa da quella della medicina. Certo, si può rifiutare di portare avanti ricerche specifiche per scopi non etici: non so come prenderebbero la cosa gli amici della NSA – o se per questo degli omologhi russi e cinesi – ma in linea di principio sarebbe fattibile, e probabilmente questo potrebbe essere stato il caso della ricerca di Fry… se ci avesse pensato su. Sì, perché magari le implicazioni etiche non sono immediatamente riconoscibili: noi esseri umani, anche con tutte le migliori intenzioni, possiamo essere così tanto assorbiti dal modello che abbiamo creato da non vederne le conseguenze pratiche. Né è detto che le si possano vedere! Parlando di queste cose con mia moglie Anna, lei mi ha fatto l’esempio dei mutui subprime come qualcosa di eticamente errato. In questo caso, però, la teoria era animata dalle migliori intenzioni: i crediti a rischio venivano spalmati insieme ad altri crediti ritenuti più sicuri proprio per ridurre il presunto rischio totale dell’investimento. Peccato che ci si sia dimenticati della possibilità di un effetto valanga, che è puntualmente arrivato quando il governo americano è stato costretto a nazionalizzare Fannie Mae e Freddie Mac il cui capitale ormai era stato azzerato. Forse un’azione federale compiuta prima avrebbe permesso di limitare i danni: ma più che di etica dovremmo parlare di grossolani errori.
Ma c’è di peggio, e l’accenno all’Apologia probabilmente vi ha già messo sulla buona strada. Godfrey Hardy, ormai vecchio ma altezzoso come sempre, si dice fiero che tutta la matematica che ha fatto non avesse alcuna applicazione pratica. Lui non lo diceva per ragioni etiche ma per l’appunto di casta: la Vera Matematica era pura teoria, il resto era roba da ingegneri o giù di lì. Sappiamo tutti com’è andata: per il momento il lavoro specifico di Hardy non è ancora stato sfruttato, ma il suo campo di studi – la teoria dei numeri – è alla base delle tecniche crittografiche usate ormai a ogni piè sospinto. Magari in questo caso non si sono posti problemi etici, anche se le richieste sempre più pressanti da parte dei governi di inserire backdoor nei sistemi informatici mi fanno dubitare della cosa; resta la constatazione che è nella natura stessa della matematica il trovare connessioni tra concetti a prima vista diversissimi tra loro, e quindi il giuramento di Hardy dovrebbe essere più che altro legato alla ricerca di connessioni, sperando naturalmente che esse non siano alla portata di chi matematico non è e quindi risulta estraneo al giuramento, limitandosi a raccogliere quanto altri hanno seminato.
In definitiva io credo che più che un giuramento occorrerebbe insegnare a chi studia matematica la capacità di vedere la materia al di là del proprio orticello… l’esatto contrario di quello che voleva Hardy, insomma. Solo a quel punto può avere senso introdurre considerazioni etiche. Sarà possibile fare qualcosa del genere? Io ne dubito, ma magari sono troppo pessimista…
Aggiornamento: il Guardian ha postato un altro editoriale al riguardo.