Recensione: Paolo Alessandrini, Matematica rock
Alcuni anni fa, quando curavo la collana di ebook Altramatematica per 40k, pubblicai l’opera prima di Paolo Alessandrini: La matematica dei Pink Floyd, in cui si raccontavano le strutture matematiche che si trovavano nelle copertine dei loro dischi più famosi. Ora Paolo è cresciuto, e ha pubblicato un’opera molto più completa: Matematica rock (Hoepli 2019, pag. 242, €14,90)
La copertina dà subito un’idea di cosa si troverà nel libro, con le silhouette dei Beatles mentre attraversano una Abbey Road le cui strisce pedonali portano a numeri e simboli matematici. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che i quattro di Liverpool non sono mai stati esattamente delle cime in matematica, e soprattutto che le loro canzoni non presentano chissà quali contenuti matematici. A parte un paio di conte in “All Together Now” e “You Never Give Me Your Money”, troviamo un loro brano delle origini “One and One Is Two” che non hanno mai inciso ufficialmente, tanto per dire quanto anche loro lo ritenessero una schifezza, e l’aggiornamento “one and one and one is three” nei versi di “Come Together”. Il fatto è che la matematica spunta dove meno te lo aspetti! Paolo dedica ai Beatles vari capitoli. Prende spunto dalla copertina di “Help!” dove compongono con le bandierine nautiche una parola che non è HELP (il fotografo aveva sentenziato che graficamente non veniva bene); racconta di come si sia addestrato un sistema di intelligenza artificiale per capire se la musica di “In My Life” fosse stata scritta da John oppure da Paul, anche se un vero fan non aveva comunque dubbi; e soprattutto spiega come i matematici abbiano intrapreso l’epica impresa di scoprire quale diavolo sia l’accordo con cui comincia “A Hard Day’s Night”, che nemmeno gli autori stessi ricordano esattamente.
Quello che però ho trovato davvero incredibile è la cultura enciclopedica di Paolo in campo musicale. Per trovare connessioni interessanti tra musica e matematica, se si vuole uscire dai soliti cliché su note, scale, tempi musicali occorre spulciare davvero a fondo. È facile parlare del brano di Kate Bush “Pi”, o delle canzoni di Tom Lehrer che sono un must per i matematici musicologi; è già meno facile notare come i simboli che i Led Zeppelin hanno usato in “Led Zeppelin IV” possono portare a parlare della teoria dei nodi. Ma trovare espliciti riferimenti ai numeri di Fibonacci in “Firth of Fifth” dei Genesis, o accorgersi che in “We Will Rock You” Brian May (che è uno che ha studiato, lo sappiamo) ha sfruttato i numeri primi per ottenere un effetto scenografico nell’arrangiamento del brano… per non parlare di gruppi rock che io confesso di non avere mai sentito nominare. E in tutto questo, come dicevo all’inizio, è riuscito a infilare una quantità di matematica “seria”, anche se non di quella che si studia a scuola, raccontata in modo piacevole e comprensibile. Tutt’al più potete dare forfait nell’ultimo capitolo, quando ricava la Favolosa Formula di Eulero: ma secondo me ce la farete anche lì. In definitiva, l’unico motivo per non leggere il libro è che odiate visceralmente il rock, ma lì non ci si può proprio fare nulla…