Enrico Vaime e la “sua” matematica
La scorsa settimana la piccola comunità matematica in rete ha discusso ampiamente a proposito dell’editoriale di Enrico Vaime per la sua trasmissione Black Out. Su Maddmaths! potete leggere la trascrizione del testo di Vaime (o sentire direttamente il podcast), oltre alla risposta ironica di Sandra Lucente e quella più legata alla didattica di Pietro Di Martino: aggiungo anch’io qualche parola dal punto di vista di un semplice appassionato.
Per prima cosa, Vaime non è nuovo a queste esternazioni: il mio amico Adam Atkinson ha recuperato questo pezzo di due anni fa in cui se la prendeva non solo con la matematica scolastica ma anche con l’aoristo. A dire il vero una piccola differenza c’è: quest’ultimo è assolutamente sconosciuto a chiunque non abbia fatto il liceo classico, quindi ha un impatto relativamente ridotto. Polinomi e logaritmi invece mi sa che siano stati propinati a buona parte di coloro che hanno fatto almeno le superiori, volete mettere?
Ora, io non so quanto Vaime odi o banalmente non abbia mai capito nulla di matematica. Se dovessi scommettere direi che entrambe le mie affermazioni sono vere, ma non ne ho la certezza; ma la cosa non è poi così importante. Quello che però posso dire senza tema di smentite è che questo pezzo è “loffio”, insomma deboluccio. Anche il grande Omero ogni tanto dormicchiava; la necessità di dover sempre trovare qualcosa di divertente porta a sfruttare il mestiere per tirare fuori una sguaiata risata da chi ha una bassa scolarità (e in questo caso anche dai non matematici). Peccato che così non venga in mente nessun pensiero a posteriori, quello cioè che dovrebbe essere il vero scopo della satira (“castigat ridendo mores”). Pietro ha ragione quando ricorda che dovremmo ripensare ai programmi scolastici per evitare lo scollamento con la realtà, il che non significa necessariamente eliminare polinomi e logaritmi ma usarli in pratica: meno fattorizzazioni e consultazioni di tavole, più lavori sulle funzioni all’opera e sugli ordini di grandezza. Ma di nuovo tutto questo è un dialogo tra addetti ai lavori, cose che non interessano alla stragrande maggioranza del pubblico a cui Vaime si rivolge. Per il resto, l’unica risposta che mi sento di dare al pezzo è “Sarebbe così divertente? O forse dovrebbe essere tragico?”.