u, da, h, uk, dak, hk
Ho visto per la prima volta questa successione nel mio social network di nicchia preferito, e mi ci è voluto un po’ di tempo per capire cosa significasse. Ora però mi sono trovato “uk” nel libro dei compiti per le vacanze dei miei gemelli, e insomma non posso più far finta di niente: devo afferrare il toro per le corna. La sigla uk non ha nulla a che fare con il Regno Unito, ma indica molto più prosaicamente le unità di migliaia, così come hk non è Hong Kong ma le centinaia di migliaia e dak le decine di migliaia. L’ultima arrivata tra le stupide vessazioni a cui sono sottoposti i nostri poveri bambini.
Attenzione: io sono assolutamente a favore degli esercizi sulle equivalenze da fare nella scuola primaria, o elementare che dir si voglia. Sono una palla, è chiaro. Ma sono purtroppo necessari per incominciare ad avere un’idea degli ordini di grandezza e di come funziona una base di numerazione posizionale. È per questo che accetto l’uso di prefissi come “da” e “h” che fanno parte del SI ma non sono usati scientificamente e di non-prefissi come “u” (il SI non ha nessun prefisso per l’unità, perché non ce n’è bisogno: basta l’unità di misura). Però per lo scopo delle equivalenze basta arrivare alle migliaia e ai millesimi dall’altra parte: sette ordini di grandezza sono più che sufficienti per fare sbagliare i bambini e ottenere numeri piuttosto grandi. Così invece si sono creati degli ircocervi che danno l’impressione che i prefissi moltiplicativi siano come dei pezzi di Lego che si possono appicciare più o meno a caso, anziché un modo per definire gli ordini di grandezza. E forse non è un caso che sia così comune vedere gente che non ha proprio idea dei numeri che sta sputando fuori, perché per loro un milione e un miliardo non sono poi tanto diversi. Insomma, dov’è il valore aggiunto di questa innovazione?