Che succede con i manga online
Questo weekend, a San Diego, c’è stato il Comic-Con, il più internazionale degli appuntamenti per l’industria del fumetto e della cultura pop. Ma la notizia non è stata il prossimo cinefumetto con supereroi. Piuttosto: la nascita di un nuovo portale, Jmanga.com.
Il fatto rilevante è che si tratta di un’iniziativa “di sistema” come il fumetto occidentale non ne ha mai viste. Il portale è infatti un progetto condiviso da ben 39 editori giapponesi, membri della Digital Comics Association of Japan, uniti per offrire non una, ma LA piattaforma per la diffusione online di manga. Un salto notevole rispetto alla frammentazione odierna tra editori di lingua inglese con propri portali (Viz, Digital Manga) o editori giapponesi con siti in inglese o altre lingue (Square Enix, Shonen Jump). Il lancio è previsto per il 17 agosto, e tra le offerte previste ci saranno anche contenuti originali (sia fumetti che articoli/interviste), integrazioni ‘social’, applicazioni per apparecchi mobili – ma non da subito – e la possibilità di interagire direttamente con gli autori. Una novità non da poco, quest’ultima, vista la storica distanza tra i fumettisti giapponesi e il loro pubblico occidentale.
Insomma, all’orizzonte si prospetta qualcosa come una super-Hulu del settore: un vero e proprio “manga hub” multilingue (anche se non è stato chiarito quali saranno i manga tradotti e quanti in originale, e quando saranno attive altre lingue oltre l’inglese), direttamente gestito dagli editori proprietari.
Da parte del consorzio giapponese l’obiettivo dell’operazione è chiaro: fornire un’alternativa legale alla proliferazione di siti illegali di “scanlations” (manga scansionati e diffusi online, spesso tradotti amatorialmente), e allargare l’offerta con titoli non ancora disponibili fuori dal Giappone. Dopo la stagione degli avvocati e delle multe, una nuova fase tattica – decisamente meno odiosa e più consapevole.
Per gli attuali editori stranieri, detentori dei diritti di traduzione, potrebbe esserci poco da ridere: un ennesimo segnale della politica di “controllo della filiera” da parte degli storici produttori giapponesi. Per i lettori, invece, dipende. Da un lato si troveranno di fronte alla possibilità di leggere manga finora mai circolati, supplendo alla crisi della vendita tradizionale (il fallimento delle librerie americane Borders sta avendo un pessimo impatto sulla distribuzione di manga) e con il vantaggio di leggersi i fumetti in contemporanea con l’uscita originale. Dall’altro, però, non sono mancate le prime perplessità. I fans più scafati temono i problemi delle traduzioni “ufficiali”, spesso approssimative o eccessivamente ‘politically correct’. Ma soprattutto: Jmanga.com non ha ancora chiarito quanto e come i lettori pagheranno per leggere quel che – di solito – si sono abituati a leggere gratis, online.
In fondo alcuni editori francesi (Dargaud, Delcourt, Glénat, Soleil, Casterman, Bamboo, Dupuis, Le Lombard) ci stanno già provando “in piccolo” da alcuni mesi con la piattaforma Izneo, ma le cose non sembrano andare benissimo. E proprio le politiche di prezzo – troppo vicine al costo del cartaceo – sono tra le scelte più criticate.
Dopo lo tsunami, il Giappone si sta dando parecchio da fare per promuovere i prodotti della propria industria culturale. Lo dimostra la creazione di una struttura dedicata alla promozione e distribuzione estera di anime, annunciata pochi giorni fa – come investimento da 5 miliardi di yen – dalla Innovation Network Corporation of Japan. Tuttavia, se anche nel fumetto (che oggi vale circa un quarto dell’intera editoria giapponese) resta esemplare la sua capacità di fare sistema, immaginarsi un mercato digitale per l’editoria che verrà, resta una sfida ancora aperta.
Peraltro: se nel mercato del fumetto a faticare è il manga, figuratevi il resto.