Mascolinismo da record
Raccontare che “la vita in ufficio è uno schifo” è come un mantra per Dilbert, una delle più celebri strisce a fumetti dei nostri tempi. Uno schifo fondato sullo sfruttamento, la logica dell’homo homini lupus, e un maschilismo che – poche settimane fa – ha toccato vette di una veemenza inaudita. Generando per il suo autore una delle più memorabili figuracce della storia del fumetto.
Scott Adams, oltre a creare le strip di Dilbert (pubblicate su qualcosa come 2000 testate), tiene anche un blog più personale. E tra i suoi lettori, lo scorso marzo, un attivista gli ha suggerito di scrivere di “diritti dei maschi”. Invito raccolto. Che Adams ha sviluppato in un lungo post – poi cancellato – dai toni selvaggiamente “mascolinisti” (una corrente, diciamo, dei movimenti che si prefiggono di riscoprire e difendere l’identità maschile), fino a passaggi come questi:
“La realtà è che le donne sono trattate in modo diverso dalla società esattamente per la stessa ragione per cui i bambini e gli handicappati mentali sono trattati in modo diverso. In questo modo tutto è, semplicemente, più facile. Non si discute con un bambino di quattro anni sul perché non dovrebbe mangiare caramelle per cena. Non si prende a pugni un ragazzo handicappato mentale, anche se lui ti prende a pugni per primo. E non ti metti a litigare quando una donna ti dice che per ogni dollaro che guadagni lei guadagna solo 80 cents. Risparmi la forza per battaglie più importanti.”
“Se ti senti trattato ingiustamente perché le donne vivono più a lungo dei loro uomini, prova a visitare una casa di riposo e guarda le signore anziane come sono contente di passare i loro dieci
anni in più a spingere un girello. Fanno sembrare che la morte sia un affare.”
Di Dilbert, e del suo umorismo ultra-cinico, negli anni si è scritto parecchio. Un giornalista noto come Norman Solomon vi dedicò un libro, “The Trouble With Dilbert” (1997), che argomentava come la strip fosse tutt’altro che una satira al vetriolo sulle peggiori pratiche della vita aziendale. Piuttosto, ne riproduceva i modelli culturali: Dilbert&C. – amati più dalle corporations che dai sindacati (celebre il caso di Xerox, che usò Dilbert in diversi opuscoli interni su tecniche di management) – sono vittime che non arrivano mai a pensare di contestare o mettere in crisi i comportamenti scorretti. Casomai, cercano bersagli su cui sfogare la propria aggressività, dai colleghi ai clienti.
Ma che alle radici dell’homo homini lupus di Dilbert ci fosse un autore dalle idee tanto reazionarie, beh, diciamo mancava ancora qualcosa per passare dagli indizi alle prove. E gli indizi precedenti a questa vicenda, peraltro, non erano certo mancati.
In un articolo del 9 aprile per il Wall Street Journal, Adams ha sostenuto l’inutilità delle istituzioni formative, costrette a perdere tempo e denaro nell’insegnamento a studenti di “serie B” che meriterebbero classi separate da quelle per i “cervelli migliori”. Nel 2007 si era invece scagliato contro atei e agnostici, accusandoli di presunzione perché non tenevano conto della “probabilità matematica” che Dio esista. Qualche tempo prima aveva dato degli incompetenti ai sostenitori dell’evoluzionismo, cercando di dimostrare come la ricerca sulla datazione dei fossili fosse inutilizzabile.
Insomma, la sintesi è semplice: Scott Adams, fumettista di grande successo, si crede un’autorità in tutto. E quando la hybris deborda, cosa succede? Che il senso della realtà vacilla. Perché non è finita qui.
Proprio le polemiche sulle sue “gaffes” recenti hanno prodotto, nelle ultime settimane, un tracollo da manuale. Che ha inevitabilmente attirato l’attenzione di testate online come Salon o Gawker. Adams ha infatti lasciato numerosi commenti su siti come Metafilter e Reddit, sotto lo pseudonimo “PlannedChaos”, parlando di sé in terza persona e attaccando i suoi critici facendo finta di essere, semplicemente, un grande fan del fumettista. Talmente grande – il fumettista, oltre che il fan – da scrivere nientepopodimenoche:
“Se un idiota e un genio non sono d’accordo, l’idiota pensa, in genere, che è il genio a sbagliare. Ha anche un sacco di motivi idioti per sostenere la sua convinzione idiota. Ecco come funziona la mente di un idiota. È giusto dire che non sei d’accordo con Adams. Ma non si può escludere l’ipotesi che tu sia troppo stupido per capire quello che sta dicendo. E lui è un genio certificato.”
Nella sua storia, si sa, il fumetto ha prodotto diversi record bizzarri. Immagino che, in futuro, ci toccherà facilmente ricordarne un altro: “il caso Scott Adams, autore di successo che ha sbroccato”. Uno sbrocco da record.