La forma dell’acqua
Cos’è. È il nuovo film di Guillermo del Toro. Ambientato a Baltimora intorno ai primi anni Sessanta, il film racconta la storia di una inserviente muta, Eliza (Sally Hawkins), che lavora insieme all’amica Zelda (Octavia Spencer) in una base militare dove viene portata una creatura acquatica umanoide (Doug Jones). Mentre il Dottor Hoffstetler (Michael Stuhlbarg) cerca di studiare la creatura, il militare Strickland (Michael Shannon) è pronto a sbarazzarsene. Eliza, che vive con Giles (Richard Jenkins), un illustratore con parrucchino in crisi professionale, si innamorerà della creatura.
La forma dell’acqua ha le musiche di Alexandre Desplat e la fotografia del danese Dan Laustsen. Ha vinto due Golden Globe, il Leone d’oro a Venezia ed è candidato a 13 premi Oscar.
Com’è. Guillermo Del Toro è un autore a fumetti: il più solido nel mainstream hollywoodiano a costruire mondi che hanno apparentemente più riferimenti nel fantastico disegnato che non nella storia del cinema. In questo caso il film però trasuda cinema, i protagonisti abitano sopra un cinema, ci sono film ovunque, film e acqua che non riesci a tenere fermi e tracimano dappertutto. Al punto che sembra quasi che quest’acqua sia il cinema: un fluido che permette a qualsiasi sogno di prendere corpo, a qualsiasi identità di essere una cosa ma anche un’altra. (Lo so che chi scrive di cinema vede il “metacinema” anche nei tombini otturati, ma questa volta vi giuro che è vero.)
La forma dell’acqua di cui si parla è ovviamente un concetto metafisico, più vicino alla natura del racconto che alla realtà contingente. Il risultato è una favola romantica dalla natura inafferrabile, un po’ commedia, un po’ thriller di spionaggio, un po’ musical senza canzoni: tutto è una cosa e anche un’altra e tutti i personaggi nascondono un’aspirazione, un’identità segreta. Scrittura e recitazione non hanno difetti. Chi ama i caratteristi troverà un Richard Jenkins in stato di grazia, ma da Sally Hawkins in giù sono tutti a fuoco.
Per via della musica di Desplat e di una certa estetica retrò carezzevole, ad alcuni questo film ricorderà Il favoloso mondo di Amélie di Jean-Pierre Jeunet. So di dare un dispiacere a molti, ma è così.
Perché vederlo. È molto raro trovare un’opera così storta e coerente insieme. In genere quando un film dimostra questo livello di controllo su ogni particolare, è anche quadrato nella sua natura. Invece la ragione per cui questo è un film speciale sta nel fatto che Del Toro riesce in qualche modo ad andare oltre la meticolosità artigianale del suo cinema, cui siamo abituati dal primo Hellboy. Dietro a questa avventura fantastica piena di emozioni e passione, dove si piange e si resta col fiato sospeso, c’è un altro film delirante fatto solo di sfumature e inganni, che non si capisce bene cosa sia. Per concludere, La forma dell’acqua è insieme una goccia a un oceano: per ragioni di spoiler non si può, ma si potrebbe sintetizzare sia in dieci parole che in dieci pagine. Non è una dote da poco.
Perché non vederlo. Ci sono persone a cui le favole non interessano. C’è chi non ama il fantastico, non ama che l’autore racconti l’animo umano passando per simboli, ruoli e archetipi da favola, comunque decida di farlo. Se non vi piacciono il cinema fantastico e il registro favolistico, può essere quindi che il film non vi piaccia. Perché anche se multiforme e inafferrabile, La forma dell’acqua rimane una favola, multiforme e inafferrabile. Se però non volete andarci perché Amélie vi ha rotto le palle, sappiate che forse avete ragione su Amélie ma non su La forma dell’acqua. Perché questo film è pieno zeppo di mondo, di cinema, di politica e di immaginario, di passione e di verità. Amélie aveva tanto immaginario e una confezione deliziosa, ma quasi solo quello.
Una battuta. Sta dicendo “Grazie”.