Di libri non letti, numeri e curiosità
Seguendo due link proposti da Valigia Blu leggo un paio di articoli interessanti sulla vicenda di cui si discute molto in rete (nella parte di rete che seguo io, probabilmente altrove nessuno ne saprà nulla) in questi giorni: i risultati del report annuale dell’Istat sulla lettura dei libri in Italia.
Quei due articoli mi interessano, sono acuti e colti, forse un po’ da addetti ai lavori ma in qualche maniera inappuntabili e allo stesso tempo prevedibili. Rappresentano il completamento usuale quando una notizia scatena grandi passioni. A un certo punto arrivano gli esperti e spiegano, amabilmente e con solidi argomenti, che non è poi successo questo granché, che è sempre stato così, che quello che ci indigna e preoccupa è certamente importante ma non si è modificato molto nel tempo.
E noi, che fino ad un attimo prima avevamo partecipato animatamente alla discussione, perché discuterne del resto ci piace, ci fa sentire bene: perché parlare di libri poi ci posiziona istantaneamente dalla parte dei buoni, di quelli che leggono, che sono nel giusto e che sanno di esserlo e finalmente possono compiacersene in pubblico, rimaniamo un po’ perplessi e vergognosi: alla ricerca di argomenti con i quali controbattere.
Scrive David Frati su Mangialibri:
Ma il quadro che emerge dal report ISTAT è davvero così drammatico? I toni da “dies irae” sono giustificati? E soprattutto: si tratta di dati nuovi o sorprendenti? Giudicate voi. Partiamo dal numero di lettori in Italia. A partire dall’anno 2000, quando la quota era stimata al 38,6% della popolazione, l’andamento è stato crescente fino a toccare il massimo nel 2010 con il 46,8%; poi vi è stata una diminuzione continua fino a tornare, nel 2016, al livello del 2001 con il 40,5%. Quindi se avete letto che il numero dei lettori in Italia “diminuisce sempre di più”, avete letto una baggianata.
Vero, anzi verissimo. Forse era sfuggito ma accidenti è così, nel 2000 si leggeva molto meno di adesso e noi che invece siamo qui oggi a lamentarci. C’è stato un calo negli ultimi anni, sicuro, ma è andata anche molto peggio in passato.
Questo è il diagramma commentato da Frati, tenetelo d’occhio che fra poco ci torniamo.
L’altro link proposto da Valigia Blu è a un post su Facebook di Loredana Lipperini. Il tono è simile (state calmi non è successo nulla) e anche in questo breve pezzo trovo opinioni interessanti che condivido (un vero peccato che Lipperini lo abbia affidato a Facebook che è la cloaca di qualsiasi aspirazione archivistica, ma vabbe’). Per esempio trovo interessante questo passaggio:
Ricordo ancora una sciagurata campagna per la promozione della lettura di una ventina di anni fa, dove gli spot mostravano un palestrato dall’aria stupida, con il sottinteso messaggio “non fare come lui, che è un bestione”. Non funziona così: si legge se si è curiosi, non per essere migliori di altri. Se si è curiosi, si vogliono scoprire parole combinate in modo nuovo (i mondi e le storie si trovano anche nelle già citate serie televisive, e nel già citato aggeggio su cui sto scrivendo in questo momento). Se si è curiosi, si prova a infilare il naso in un libro, di qualsiasi tipo, sì cari, anche Fabio Volo che non ha senso vituperare, perché a tenere a distanza i possibili nuovi lettori è anche quell’aggrapparsi alle tende e quel proliferare di “oh, dove finiremo?”, che in non pochi casi sottintende “perdindirindina, perché non leggete ME?”. Se si è curiosi, si legge anche l’etichetta dell’acqua minerale come quella che mi sta davanti (e che peraltro riporta in elegante corsivo la leggenda di una ninfa, guarda cosa si scopre). A forza di essere disincantati e annoiati, leggeremo sempre meno, e andremo anche meno in palestra e forse guarderemo anche meno serie televisive. E fatela, questa campagna per la promozione della curiosità, forza.
Condivido: la curiosità è il discrimine. Vale per i libri come per tutto il resto. Più che una campagna per incentivare la lettura (l’AIE ne sforna a getto continuo da anni una più fallimentare dell’altra) sarebbe utile – dice Lipperini – una campagna per stimolare la curiosità.
Così ora io, nel frattempo, prima di arrivare al punto, ho appena perso mezz’ora a cercare una frase di Giuseppe Pontiggia che ho letto recentemente su come incentivare la lettura e soprattutto su come non farlo. E ora che l’ho trovata la frase è questa:
Io trovo deprimente, a questo proposito, la pubblicità dei libri come strumenti di sapere, perché ce li rende molto lontani. Che i libri siano strumenti di sapere penso che ogni persona di media intelligenza possa coglierlo. Quello che bisognerebbe far capire è che il libro può essere anche un’esperienza straordinaria, un piacere che ci invade, un vivere mondi paralleli, un viaggio pieno di scoperte. Se invece noi sottolineiamo l’aspetto strumentale, veramente riduciamo il libro a una dimensione opaca.” (G. Pontiggia, “Dentro la sera, conversazione 3 pg 43).
Ma torniamo ai numeri e alla curiosità: due aspetti fondamentali che vorrei interpretare un po’ diversamente rispetto a Frati e Lipperini.
Restringiamo un po’ il campo rispetto ai numeri degli ultimi 16 anni, occupiamoci per un attimo degli ultimi 6. Negli ultimi 6 anni le cose sono andate piuttosto male. Per quello che vale una simile statistica (non dimentichiamo che sono “dichiarazioni di lettura”) in questo breve periodo abbiamo perso oltre 6 punti percentuali.
Cosa è accaduto in Italia negli ultimi 6 anni? Che il numero dei profili Facebook è passato dai circa 15 milioni del 2010 ai quasi 30 milioni del 2016. Sarà una casualità ma l’ultima tendenza discendente del numero di lettori di libri nel nostro paese ha coinciso con il passaggio di un numero rilevantissimo di italiani in rete.
E sulla curiosità: quale miglior campagna a favore della curiosità – per citare Lipperini – potremmo architettare se non consigliare ai non lettori di libri di provare a navigare in rete? Quale acceleratore di curiosità conoscete che sia più potente dell’essere connessi?
Logica vorrebbe che, nel momento in cui 15 milioni di italiani sono discesi online negli ultimi anni, almeno una quota di costoro, circondati da stimoli di ogni tipo, avessero avvicinato un libro, in una maniera o nell’altra. Probabilmente una quota di quei 15 milioni forse ha smesso di leggere libri perché era curiosa, curiosissima delle cose che trovava in rete, ma se davvero la curiosità è il grimaldello (e io sono convito che lo sia) andrà considerato che la curiosità di essere online non ha portato grandi frutti. Vale per la lettura dei libri ma vale anche per per altro, per esempio per la consultazione delle news.
E allora forse Internet in tutto questo gioca un ruolo di cui dovremo iniziare ad occuparci. Si tratta di un ruolo inatteso e cupo. La rete offre enormi possibilità ma spezza anche mille incantesimi. Schiude porte ma disegna con esattezza la vastità del nostro essere superficiali. Se le cose stanno così, la percentuale dei non lettori di libri in Italia aumenterà ancora nei prossimi anni e ad un certo punto non si potrà più nemmeno dire “tranquilli, non sta succedendo nulla” e non si potrà nemmeno suggerire “E facciamola questa campagna per la promozione della curiosità”. Che è già stata fatta, nel migliore dei modi possibili. E no, a quanto pare non ha funzionato.