Cronache digitali da un Paese affondato
Io sinceramente non ve lo consiglio. O forse no, ho cambiato idea, se avete 1 ora e 22 minuti liberi e vi interessano i temi dell’Italia digitale ve lo consiglio moltissimo questo video della Commissione parlamentare sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione. Vi viene in mente qualcosa dal nome più noioso? A me no. Eppure questo video è una sintesi perfetta. Spiega gli ultimi decenni della (non) trasformazione digitale di questo Paese con precisione da entomologo. L’Italia e l’innovazione sono tutti qui, senza bisogno di altre ulteriori parole.
Non me ne vorrà il dottor Fabozzi, dirigente del Ministero dell’Ambiente da un anno nominato responsabile alla dematerializzazione, protagonista assoluto di questo lungometraggio a inquadratura fissa. Lui, Fabozzi, vittima sacrificale di questo spezzone di vita reale del nostro Paese. Spero che l’utilizzo borbonico della lingua italiana non sia in futuro riferito solo a lui ma resti ugualmente un documento prezioso, da studiare nelle Università, testimonianza di come la burocrazia (ma spesso anche la politica) abbia saputo costruirsi forme espressive solide, che consentano di impiegare 82 minuti circa del proprio tempo lavorativo, in un italiano tutto sommato passabile, a rappresentare il nulla.
Tuttavia sparare sulla crocerossa del burocrate ben pagato che non produce altro se non parole vuote sarebbe una maniera per semplificare troppo una situazione che appare difficile da qualsiasi lato la si osservi. Guardate per esempio la qualità di questo video, prodotto dalla nostra Camera dei Deputati nel 2017, in un formato curioso, ad una risoluzione che forse era accettabile nella Internet degli anni 90. Osservate con un minimo di attenzione la scrivania in legno massello inquadrata nel filmato e la libreria sullo sfondo. Residui di un mondo che non esiste più da nessuna parte se non nei palazzi del nostro Governo o nelle case dei nostri anziani genitori. Tutto collassa in questo filmato: dai giri di parole del burocrate di Stato all’arredamento della stanza. Dall’interfaccia del sito web della Camera dei Deputati all’allergia indelebile di questo Paese verso la tecnologia e l’innovazione che è qui così efficacemente rappresentata.
Cosa c’è in questo video, per i moltissimi che non avranno voglia di seguirlo interamente? È molto semplice: il parlamento produce da sempre norme che nessuna amministrazione prende sul serio e tutti vivono ugualmente felici e contenti. Questa è – se volete – la sintesi brutale di questo documento. Il dirigente assicura adeguamenti entro la fine del 2017 a norme ampiamente disattese che il Codice dell’Amministrazione Digitale considera obbligatorie da circa 12 anni. Un colpo di reni commovente al quale nemmeno lui crede, lo si capisce perfettamente dalle sue educatissime e riverenti parole verso il politico di turno. Quando a un certo punto un membro della commissione d’inchiesta domanda quante ora il Ministero dell’Ambiente dedichi alla formazione obbligatoria il dirigente consultati gli appunti dice due. Due all’anno chiede l’onorevole fuori campo? Sì due, due ore all’anno per ciascun dipendente.
Il presidente della Commissione d’Inchiesta è Paolo Coppola. Una brava persona. Per dirla francamente una delle pochissime teste pensanti sui temi del digitale che il PD ha portato in Parlamento nell’ultima legislatura. Uno che, non a caso, dal suo stesso partito ha preso in questi tre anni più schiaffoni che encomi. Negli 82 minuti del video Coppola, che è un friulano compassato, perde la calma raramente. Il dottor Fabozzi dirigente di un Ministero nel quale, come ovunque, i burocrati restano mentre i politici cambiano, accetta di buon grado le rampogne del sapientone del giorno e lo compensa con un’ampia riverenza molto meridionale. Sa che domani lui sarà ancora lì, con le sue forme di cortesia ed i suoi giri di parole, mentre il giovane professore di informatica innamorato della politica sarà altrove, sostituito da qualcun altro. Magari qualcuno più malleabile, qualcuno con maggior indulgenza per i problemi della macchina dello Stato, il suo personale ormai anziano, le mille rispettabili eccezioni che ogni volta mandano a monte tutto.
Ogni atto politico di questo Paese, se lo si osserva bene, sembra mostrare parentele più o meno strette con il collasso dell’interesse pubblico e con il disinteresse per le regole. A nessuno dei responsabili nominati succede mai nulla del resto (“sono qui solo da un anno” ripete Fabozzi), perché mai dovrebbero preoccuparsi? E se davvero non se ne può più delle risposte che non arrivano, dello scarso amore per lo Stato, del tiriamo a campare che è di tutti e che tutela tutti, se davvero si vuole mettere il dito dentro la carne viva di questo Paese affondato e dei suoi uffici, allora non resta che organizzare una commissione d’inchiesta. Cosa c’è di peggio di una commissione parlamentare che indaghi l’abisso che ogni giorno è davanti ai nostri occhi? Nessuna persona normale penserebbe ad una commissione che elenchi le mancanze della Pubblica Amministrazione verso le mille norme sul digitale che nessuno considera. Sappiamo tutti come stanno le cose, sappiamo tutti, perfettamente, che sono tutte chiacchiere, senza bisogno che qualcuno traduca il teatrino in numeri deprimenti e risposte date tanto per dare. La buona notizia di questo filmato, se proprio vogliamo cercarne una, è che al Ministero dell’Ambiente nessuno usa più il fax (sarà vero?). La cattiva notizia è ben più solida ed è che non ce la possiamo fare, nonostante quelli bravi come Coppola che sono scesi da Udine a Roma convinti di poter cambiare questo Paese. Non che noi non gli si voglia bene lo stesso.