Cyberbullismo: una legge italiana
Ora che la legge sul cyberbullismo è stata approvata in via definitiva si potrà certo gridare allo scampato pericolo. La versione di quella norma che il PD della Camera aveva brutalmente adulterato, partendo dal disegno di legge originario della Senatrice PD Ferrara, era un obbrobrio tale che anche solo essere riusciti a mettervi rimedio, violando tra l’altro il teorema usuale delle leggi sul digitale che in Italia partono brutte e diventano via via sempre peggiori durante i vari passaggi fra commissioni e aula, è, con i tempi che corrono, un evento da sottolineare.
Detto questo la legge Ferrara resta purtroppo quello che era in passato: un provvedimento in gran parte estetico, debolissimo da un punto di vista attuativo e pieno di quei barocchismi ai quali il nostro Parlamento ci ha abituato e che fanno dell’Italia un Paese inadatto ad ogni forma di modernità.
Ne segnalo alcuni, a volte, secondo me, perfino divertenti.
Il primo è l’ampio uso della comitatologia, uno degli abissi intellettuali della classe politica di questo Paese. Quando le cose si complicano si prepara una commissione di esperti. Più il tema sarà complesso più il comitato sarà ampio.
Così l’articolo 3 della legge sul cyberbullismo dice che, entro 30 gg, presso la Presidenza del Consiglio, dovrà essere istituito il “tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto al cyberbullismo”. Ne faranno parte:
. rappresentanti del Ministero degli Interni
. rappresentanti del Ministero dell’Istruzione
. rappresentanti del Ministero del Lavoro
. rappresentanti del Ministero dello Sviluppo Economico
. rappresentati del Ministero della Salute
. rappresentanti dell’Associazione Comuni Italiani
. rappresentanti di AGCOM
. rappresentanti del Garante per l’infanzia e l’adolescenza
. rappresentanti del comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione media e minori
. rappresentati del Garante privacy
. rappresentanti delle organizzazioni del programma nazionale del Safer internet center
. rappresentanti delle associazioni studentesche e dei genitori
. rappresentanti delle associazioni attive nel contrasto al cyberbullimo.
Costoro, entro 60 giorni, stileranno un “piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione del cyber bullismo”. Tale piano sarà poi integrato con il codice di autoregolamentazione per la prevenzione e il contrasto al cyberbullismo rivolto agli operatori che forniscono servizi di social networking e gli altri operatori Internet.
A questo punto verrà istituito un comitato di monitoraggio che deve identificare procedure e formati standard per le istanze (qualsiasi cosa significhi), nonché (questa invece è interessante) di “adottare un marchio di qualità in favore dei fornitori di servizi in favore dei fornitori di servizi di comunicazione…”
Inutile dire, e qui sfioriamo il secondo punto rilevante, di cui dirò fra poco, che al tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto al cyberbullismo, e ai componenti del comitato di monitoraggio “non è corrisposto alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese o emolumento comunque denominato”.
La legge nella sostanza produce una definizione di cyberbullismo e indica alcuni schemi utili alla rimozione da Internet di contenuti lesivi per il minore, anche quanto questi non siano francamente diffamatori. Ma la sua parte principale, riguarda (doveva riguardare) la presa di coscienza pubblica dei rischi per i nostri ragazzi legati al cyberbullismo. Su questo la senatrice Ferrara (tra l’altro insegnante di una ragazzina suicidatasi per le offese ricevute dai compagni) è stata chiara in moltissime interviste: l’informazione prima di tutto.
Così a questo punto sarà necessario parlare di soldi: sapete quanto nuovo denaro stanzia (art.5) la legge per “le esigenze connesse allo svolgimento delle attività di formazione in ambito scolastico e territoriale finalizzate alla sicurezza dell’utilizzo della rete internet e alla prevenzione e al contrasto del cyberbullismo“.
La somma esatta è 220.000 euro all’anno. Che se volete potrete dividere per le 8mila scuole italiane.
Quando qualcuno, durante l’iter della legge, provò a far notare l’assoluta esiguità della somma, in Commissione bilancio fu detto chiaramente che non c’erano soldi e che la legge poteva procedere solo così. Vale a dire senza un euro per la prevenzione.
A cosa serve scrivere una norma, sottoporla ad un lunghissimo e rischioso iter parlamentare se poi è chiaro fin dall’inizio che lo Stato non metterà un soldo? Cosa differenzia una norma del genere, dal mero punto di vista della prevenzione, dalle mille iniziative di comunicazione già attive al riguardo?
Spesso le leggi dello Stato Italiano sono fatte così, sono scritte per non funzionare: viene il dubbio che a nessuno interessi che funzionino veramente. Tutti però, davanti ai microfoni, sono ogni volta invariabilmente orgogliosi di come sono state scritte, del nuovo epocale cambiamento che simili norme portano con sé.
Per fare un ultimo esempio: ora (art. 2) l’ufficio del Garante Privacy avrà 48 ore di tempo per oscurare i contenuti lesivi di tutti coloro che ne faranno richiesta senza aver prima ottenuto l’immediata rimozione entro 12 ore da parte del gestore del sito. Secondo voi quante nuove assunzioni presso gli uffici del Garante sono previste per far fronte a simili celeri richieste?