La fine dell’utopia di Casaleggio
La vicenda romana del Movimento Cinque Stelle, le polemiche a margine dei primi mesi di governo della capitale italiana da parte di Virginia Raggi, hanno avuto un effetto su scala nazionale che trovo in qualche misura rilevante: la fine dell’utopia digitale di Gianroberto Casaleggio.
Quanto accaduto in queste settimane a Roma, i violenti attacchi della stampa e degli altri partiti al M5S, le accuse di “essere come gli altri” da un lato e le rivendicazioni di una “diversità genetica” dall’altra, hanno seppellito definitivamente la retorica digitale del Movimento di cittadini che nasce dal basso, su Internet, e diventa forza di governo del Paese.
Il sistema operativo del Movimento, Rousseau, in queste settimane è rimasto spento: la base degli elettori, che dovevano essere investiti dai meccanismo delle democrazia diretta, prendendo in mano le sorti del Paese ed utilizzando i parlamentari o i sindaci eletti come semplici megafoni della propria volontà politica digitale e diffusa, è rimasta in un angolo, improvvisamente non considerata da nessuno. L’idea di Casaleggio di un governo dei cittadini mediato dagli strumenti di Rete totalmente dimenticata.
Si trattava – come è noto – di un’utopia con debolissime basi e sostanzialmente inattuabile fin dai tempi in cui Gianroberto Casaleggio la raccontava rapito, ma questo difetto di origine non è mai stato un problema per il M5S e non è mai stato messo in discussione. Uno valeva uno e il discorso era chiuso, per lo meno fino a quando il padre ispiratore è rimasto in vita.
Insomma mentre da una parte il partito di Grillo si organizzava in gerarchie usuali con direttori, gruppi di potere, personalità dominanti ecc. dall’altra la retorica digitale del Movimento cresciuto nei Meet Up veniva mantenuta ben salda nel racconto generale. Di tanto in tanto, per mantenerla credibile, sul blog di Grillo veniva indetta qualche votazione dell’ultimo momento per espellere questo o quel parlamentare ribelle, il popolo grillino sul web veniva interpellato su questioni magari marginali ma che alludevano ancora ad una sua rilevanza nelle scelte del Movimento. Tutto questo, dopo Roma, è finito ed è stato definitivamente accantonato.
Rousseau, il sistema operativo del Movimento (in realtà un semplice sito web con un nome altisonante) se ne resta in silenzio. La base viene dimenticata, mentre la retorica populista dei Cinque Stelle si sposta nettamente dall’universo digitale alle piazze, dove tornano i Vaffanculo del Grillo comico, o si sostanzia nei tour estivi in motocicletta di Alessandro Di Battista in giro per il Paese.
Perfino le diretta streaming, presidio distintivo della retorica web del Movimento, altra idea plasticosissima, del tutto estetica ma molto frequentata e ribadita ai tempi di Casaleggio (e talmente popolare da essere stata alcune volte sciaguratamente avallata anche da altre forze politiche come il PD) è scomparsa a Roma fra molte ironie degli avversari, sostituita da brevi video patinati nei quali una Virginia Raggi molto recitativa avvisa dal blog di Grillo di avere le spalle larghe. Delle estenuanti maratone notturne fra i vertici del M5S che litigano su nomine, stipendi ed assessorati, per il fiducioso militante che attende su Internet di poter contare almeno quell’uno che gli era stato promesso non c’è ormai più nessuna traccia.
Tramontata l’utopia della democrazia diretta e digitale di Casaleggio (alla quale evidentemente solo Casaleggio forse credeva) nulla è cambiato perché, di fatto, di una forma di racconto di sé si trattava e nulla di più. Il M5S resta quello che è stato fin dall’inizio: un partito gerarchico come gli altri, avvolto dalle lotte di potere esattamente come gli altri, che trova nella piazza e negli slogan la propria legittimazione popolare. Internet non c’entra, non c’entrava fin dall’inizio ma oggi l’equivoco sembra ormai implicitamente ammesso anche da Grillo e dai suoi. Scompare definitivamente lo storytelling digitale del Movimento, foglia di fico della modernità di un Movimento di grande successo ma usuale, prevedibile e soprattutto analogico e criptico come sono i partiti in genere.