Il pesce pilota del nostro scontento
Ho letto con attenzione i primi 100 commenti del post che Matteo Renzi ha pubblicato su Facebook questa notte, poi mi sono fermato. Devo dire che mi hanno molto colpito. Si tratta di commenti fortemente negativi nei confronti del Premier: quella compattezza, che fino a qualche tempo fa non esisteva, forse disegna una traiettoria che su Internet abbiamo osservato altre volte.
So molto poco dei sondaggi sulla popolarità dei politici che i politici stessi e la stampa si ostinano a commissionare anche lontano dagli appuntamenti elettorali (i politici per proprio evidente patema personale, la stampa perché ne ricava presunte notizie) tuttavia che la popolarità di Matteo Renzi sia in calo mi pare un dato piuttosto certo anche se in parte fisiologico. Governare stanca, soprattutto per gli elettori che vorrebbero i loro personali problemi risolti velocemente con un colpo di bacchetta magica.
Ma al di là di questo (e al di là del mio personale giudizio sull’operato del Premier) i commenti della pagina Facebook di Renzi, così compatti, negativi, canzonatori e talvolta violenti verso il Presidente del Consiglio, forse possono significare anche qualcosa in più. Per esempio che esista una parte volatile dell’opinione pubblica che utilizza la rete e che si sposta con maggior velocità rispetto all’elettore medio.
Si tratta di un fenomeno che in passato, in ordini di grandezza minori rispetto ad oggi, abbiamo già osservato dentro le prime piattaforme di rete sociale come i blog o nei social network prima della loro maturazione definitiva che è rappresentata oggi dall’ampia demografia italiana di Facebook. Le parabole di reputazione e notorietà di Silvio Berlusconi e di Beppe Grillo hanno seguito una traiettoria analoga a quella attuale di Matteo Renzi. Nulla di misurabile (anche se sarebbe stato interessante farlo) ma una tendenza all’euforia ed alla successiva disillusione che gli strumenti di interazione di Internet sono stati in grado di riportarci almeno grossolanamente.
I fan di Berlusconi sono rapidamente scomparsi dai commenti dei blog ben prima della débâcle pubblica del leader del centrodestra, la reputazione di Grillo, in buona parte manifestata all’interno del suo blog e per quanto possibile orientata dagli amministratori del sito che hanno tentato per anni di nascondere e allontanare ogni forma di contestazione al capo, per un certo periodo è tracimata anche sui social network nei formati standard e ripetitivi noti, fatti di lettere maiuscole e espressioni forti, per poi affievolirsi improvvisamente quando l’appeal della proposta politica di Grillo è andata scemando.
Nessuno pensa che il tenore dei commenti al blog di Grillo o il progressivo allontanamento ideologico dalle posizioni populiste di Berlusconi di molti commentatori in rete, avvenuto nel primo decennio degli anni 2000, siano stati una rappresentazione esatta del sentimento pubblico nei confronti di questi leader politici (è vero semmai il contrario) ma certamente la traiettoria della loro reputazione è stata disegnata, e forse talvolta preceduta, dal tenore dei commenti rintracciabili su Internet.
Se davvero esistesse una sorta di pesce pilota che navigando in rete indica inconsapevolmente il prossimo percorso all’opinione pubblica, allora ne dovremmo dedurre che i commenti al post di Matteo Renzi dal Giappone questa notte vanno tenuti in una qualche considerazione.
I commentatori, come detto, rappresentano una quota residuale e non rappresentativa del sentimento generale ma le variazioni sentimentali dentro quella quota potrebbero rappresentare ugualmente le avvisaglie di un cambiamento. In passato per lo meno è stato così.
L’errore che a questo punto sarà possibile fare è quello di trattare questo “problema” come se fosse una faccenda di comunicazione. Non lo è ma far finta che lo sia apre la strada a qualche piccola terapia.
Gli esperti di social media che circondano oggi la politica si affretteranno a predisporre legioni di commentatori deliziati dalle posizioni espresse dal leader politico su Twitter o su Facebook, magari grideranno al complotto ordito dagli eserciti mediatici avversari, mentre i politici (lo fanno tutti, lo ha fatto anche Renzi recentemente) invocheranno la propria difficoltà a “raccontare bene” le proprie scelte politiche.
Eppure quel pesce pilota, se davvero esiste, indica tutt’altro. La necessità di cambiare direzione alla propria azione politica prima che sia troppo tardi per farlo. Prima che alla parte insofferente e volatile dei commentatori di rete, si accodino, come capita sovente, anche tutti gli altri.