Tu non sei Charlie
Io non so quanti di voi in questi giorni abbiamo intravisto un’analogia, che a me sembra molto forte, fra la logica informativa del giornale satirico Charlie Hebdo e il modello distributivo delle informazioni della rete Internet o di una parte di essa.
I contenuti dissacranti del giornale francese, che sono costati la vita a molti dei suoi giornalisti, sono un formato analogico e precedente a quello che Internet ha poi faticosamente consentito a chiunque negli ultimi 20 anni.
Lo schema del giornale satirico che sbeffeggia il potere (e dentro la definizione di potere mettiamo tutto, dalla politica alla religione, dai luoghi comuni ai tic ideologici delle nazioni) è in fondo lo stesso, pur se gravato da maggiori responsabilità individuali, utilizzato da chi, attraverso gli strumenti di rete, esprime oggi punti di vista differenti dai nostri: fuori dal coro e dentro una pagina web.
La profonda analogia fra i contenuti prodotti dalle matite di Charb e dei suoi colleghi e molte pagine scomode della rete Internet credo dovrebbe suggerirci due cose. La prima è che la satira più radicale su carta ha anticipato nuovi srtumenti di liberazione intellettuale che poi Internet ha definitivamente consentito: la seconda che le numerose parole di vicinanza e solidarietà al giornale satirico francese da parte del potere sono probabilmente bugie interessate e leggermente indecenti.
Io sospetto che non troveremo nessuno fra questi signori che oggi annunciano senza imbarazzo che loro “sono Charlie” a difendere con altrettanta forza contenuti dissacranti e violenti liberamente raggiungibili in rete. Quasi nessuno di costoro sarà disposto a spendere un hashtag su Twitter per difendere le migliaia di siti web sporchi e violenti, dissacranti e contrari alla morale comune che sono raggiungibili in rete.
Io utilizzo in questi casi sempre l’esempio di rotten.com (se non lo conoscete non guardatelo). Quanti di quelli che oggi solidarizzano con la libertà di espressione offesa a Parigi sarebbero disposti a opporsi alla censura di un sito schifoso e sanguinario come Rotten? O di mille altre pagine web liberamente raggiungibili in rete che ci offendono e ci disgustano come le vignette di Charlie Hebdo offendevano gli assassini di Parigi? Negli Usa, mille volte giustamente vituperati, Rotten resta aperto grazie al Primo Emendamento della Costituzione, in Italia e in molti altri Paesi certamente sarebbe stato chiuso da anni.
Libertà di espressione significa accettare che quanto ci offende e indigna abbia uguale diritto di cittadinanza, sui giornali come su Internet, dentro una griglia di eccezioni e obblighi di legge la più ristretta possibile. Quanti degli improvvisati amici odierni di Charlie sarebbero disposti ad accettare questo, tollerando le migliaia di pagine web che non capiscono o disdegnano?
Non è strano che oggi il Ministro dell’Interno Alfano abbia annunciato prossime misure per bloccare chi in rete incita all’odio (una definizione vasta, capace di comprendere quasi tutto e di guadagnarsi il plauso immediato di una vasta platea di censori benpensanti). Non è inconsueto che in Italia da decenni la satira (quella vera, non l’imitazione presente sui nostri quotidiani) non abbia alcuna rappresentanza e perfino gli innocui vignettisti a la Forattini abbiano dovuto subire gli strali e le querele miliardarie dei nostri politici offesi nell’onore. Gli stessi che oggi marciano compatti in difesa dei vignettisi francesi uccisi.
C’è una dose di faccia tosta assai forte in molte delle dichiarazioni odierne: purtroppo non esiste per questi signori né per nessun altro una libertà di espressione a corrente alternata. Se davvero vorremo essere vicini a Charb e ai suoi colleghi uccisi oggi abbiamo una maniera molto semplice per farlo: tutelando con ogni forza la libertà di espressione in rete, soprattutto quando i contenuti che incontriamo ci sembrano indecenti e offensivi. Perché è in rete, più che sui giornali di carta, che si gioca oggi la battaglia della tolleranza e della comprensione reciproca.
È – a ben vedere – la medesima eroica palestra di Charlie Hebdo: sono pronto a scommettere che, a conti fatti, fra mille ragionevolissime eccezioni, non saranno in molti ad iscriversi.