Greta, Vanessa, gli imbecilli e Facebook
Libertà di espressione – lo sappiamo tutti – significa prima di tutto acconsentire all’esistenza di punti di vista e opinioni che a noi sembrano raccapriccianti inconcepibili o anche solo stupidi. Su Internet negli ultimi 20 anni ho incrociato migliaia di volte contenuti del genere. La mia idea, che ho scritto e riscritto mille volte, è che i contenuti raccapriccianti, inconcepibili o anche solo stupidi debbano essere liberamente raggiungibili. La nostra crescita culturale di esseri pensati in rete passa moltissimo anche da lì.
Premesso questo ieri ho dato una occhiata alla solita pagina Facebook scritta da un cretino che si intitola sobriamente “Delle due attiviste rapite in Siria non ce ne fotte un cazzo grazie” che si occupa di diffondere un punto di vista “alternativo” riguardo al rapimento di Greta e Vanessa. I contenuti e le immagini postate sono grevi e da III elementare ma, al di là dei toni, non differiscono troppo dai concetti che certa stampa italiana, dal Giornale a Libero, sta pubblicando in questi giorni. In pratica nella migliore delle ipotesi le due attiviste rapite in Siria se la sono cercata, nella peggiore, che gira in questi giorni in molti siti pseudoinformativi sul web, che le ragazze sarebbero spie infiltrate dai servizi segreti italiani.
Quindi OK, ognuno scriva in rete le cazzate che preferisce. Quelle cazzate – se saremo bravi – diventeranno palestra per le nostre intelligenze. Ora però passiamo alla ragione stessa di questo post e cioé a Facebook.
Com’è nell’ordine delle cose molte persone ieri hanno messo “mi piace” sulla pagina FB in questione, molte altre hanno segnalato la pagina a Facebook perché la rimuovesse. Per la prima volta in vita mia l’ho fatto anch’io, più che per curiosità che per altro, cercando di farlo con un minimo di accuratezza, soprattutto tenendo d’occhio, più che la mia indignazione, gli “Standard di servizio della piattaforma” che Facebook propone.
Per iniziare, visto che conosco Facebook pochissimo, ho scoperto che non è possibile risalire all’autore della pagina perché Facebook non lo consente per ragioni sue. E questo, paradossalmente, è un buon punto di partenza: così facendo FB si fa carico della responsabilità che deriva dal mantenere online eventuali contenuti segnalati come illegali. Tuttavia mi interessa assai di più capire quale siano i criteri dei controlli che la piattaforma esegue sulle sue pagine.
Questa mattina, molto celermente, Facebook ha risposto alla mia segnalazione. Immaginavo già la risposta visto che molte persone ne avevano ricevute di analoghe ieri. In ogni caso la risposta è questa
In rete ognuno è dominus a casa propria per cui mi sta benissimo che Facebook abbia deciso che quella pagina possa rimanere on line. Però ora leggiamo “gli standard della comunità” di Facebook che, alla voce “contenuti che incitano all’odio”, dicono questo:
Facebook non consente i contenuti che incitano all’odio, ma attua una distinzione tra contenuti seri e meno seri. Se da un lato incoraggiamo gli utenti a mettere in discussione idee, eventi e linee di condotta, non consentiamo la discriminazione di persone in base a razza, etnia, nazionalità, religione, sesso, orientamento sessuale, disabilità o malattia.
Quindi secondo Facebook questa foto non incita all’odio religioso
Mentre questa foto non discrimina per ragioni di sesso, orientamento sessuale o disabilità (anche disabilità, sì, la prigionia cos’altro è?)
Né sarà sufficiente invitarmi a valutare ogni singolo contenuto con la solita via d’uscita legalese che presume io abbia tempo e voglia di risegnalare ogni singolo elemento per un’ulteriore altrettanto accurata valutazione.
La notizia buona è che Facebook risponde in tempi rapidissimi. Quella meno buona è che ha una gestione dell’identità piuttosto caotica. Quella pessima è che i suoi controlli sui contenuti sono o automatici o molto molto scadenti.
aggiornamento ore 19,40: la pagina in questione è stata rimossa da Facebook.
aggiornamento ore 21,00: la pagina in questione è tornata online.
aggiornamento 06/01: la pagina in questione è stata rimossa da Facebook.