Bliss e il nostro tempo andato
Qualcosa su questa foto. Che come chiunque di voi sa non è più, da tempo, una semplice foto. Il prato verde, il profilo della collina e il cielo azzurro con le sue nuvole bianche sono ormai dentro ciascuno di noi, anche se non abbiamo mai posseduto un PC con Windows XP.
Quello scatto è una sorta di collante identitario che ha attraversato il pianeta ed almeno un paio di generazioni. Sopra quel’immagine vi sarà capitato di trovare cartelle, icone e descrizioni nelle lingue più diverse. Solo l’azzurro, il bianco e il verde sullo sfondo rimanevano uguali ovunque, in quella fratellanza dei segni che è un tratto distintivo del mondo globalizzato.
Un pianeta nel quale aspirazioni, speranze e software si assomigliano tutti, ognuno all’interno di una sua piccola declinazione locale. Particolari di modesta rilevanza, se è vero che nel momento in cui impugno l’iPhone di una amico israeliano mi accorgo di saper ugualmente scattare una foto o navigare sul web nonostante la mia assoluta incomprensione dei caratteri a schermo in ebraico.
Nel caso di Bliss, la foto che Chuck O’Rear ha scattato nella Napa Valley a due passi da casa sua in una mattina di gennaio del 2001, il ventaglio sentimentale che la rende familiare è ancora più superficiale ed effimero di quello di un sistema operativo con i suoi percorsi conosciuti. Riguarda il colpo d’occhio, la sua capacità di riproporsi in momenti diversi della nostra vita quotidiana. Dall’ufficio postale al negozio di abbigliamento, giri l’occhio e vedi Bliss. A Forlì, come a Londra o a New York. Magari sullo schermo di un PC in lontananza, immobile sullo sfondo, perfettamente identificabile nella sua riconoscibilità cromatica da bandiera giapponese alle Olimpiadi. La collina verde, il cielo blu, le nuvole bianche.
In simili ricorsi visivi non è così strano che Bliss sia stata associata ad una delle versioni del sistema operativo di Microsoft meno vituperata: quella meno peggio, quella che tutto sommato meglio XP che il resto. Giudizio ovviamente partigiano e ingeneroso per il motore software dei computer di buona parte del pianeta, dai cash dispenser alla gestione dei sistemi informatici di rilevanza nazionale. Del resto tutto, per i trentanni della parabola luminosa dei PC, è stato quasi solo Microsoft ed i suoi prodotti. Che ci piacesse o no, che fossero buoni o no, la collina di Greg era la collina del mondo. La dittatura della maggioranza che giustamente se ne frega dei distinguo dei sapientoni.
Nella dialettica usuale della rete e dei suoi simboli quel profilo ondulato lungo una superstrada a nord di San Francisco, è stato poi fotografato brullo, in mille maniere ridipinto e in cento modi riutilizzato. Lo sfondo di XP è stato accusato da molti di essere stato ritoccato nei suoi colori accesi, anche se, come spiega l’autore, si tratta di una foto analogica scattata con una pellicola Fuji e mai più alterata.
L’immagine di quella collina e di quel cielo, come capita a tutte le foto, blocca un istante: in alcuni casi speciali come quello di Bliss sintetizza anche un arco temporale. Racconta un periodo preciso, esattamente come una canzone di Battisti rimanda ad una giovinezza ormai andata. Bliss si è così trasformata da icona del presente planetario a ritratto del nostro tempo appena trascorso. Così O’Rear ha mandato a Microsoft una sua proposta per lo sfondo di Windows 8 ma sembra che nessuno abbia inteso rispondergli. E anche questa, in fondo, è l’usuale arroganza del tempo. Miliardi di persone hanno guardato quella foto, distrattamente l’hanno fatta loro. Poi qualcuno rovescia il tavolo e si ricomicia. Da capo. In un altro modo e da un’altra parte.