Promemoria per il Ministro dell’Istruzione
L’intervista che Riccardo Luna ha fatto al Ministro dell’Istruzione Carrozza è, nella sua forma inusuale, molto importante e utile. Dice una cosa, intanto, brutale e pacifica che vorrei archiviare immediatamente perché non mi va di dedicare tempo a queste cose: il Ministro ha un’idea molto vaga e superficiale dei temi che ruotano attorno all’adozione dei libri digitali e le sue recenti decisioni al riguardo ne sono diretta conseguenza.
Personalmente non vedo grandi differenze con la situazione precedente quando il Ministro Profumo decise di forzare la mano al sistema (un gesto che personalmente ho apprezzato pur ritenendolo profondamente errato) progettando un passaggio obbligatorio verso i formati digitali, disegno poi bloccato con grande facilità dagli editori italiani con l’aiuto del solito TAR.
L’idea (sbagliata) di Profumo era la seguente: imponiamo il cambiamento, il resto seguirà. Un’idea francamente irrealistica. Togliamo soldi agli editori – diceva il suo capo di gabinetto da me ascoltato a Capri un anno fa – con quelli acquistiamo dei tablet ed i ragazzi avvicineranno a Internet le loro famiglie, con una sorta di alfabetizzazione di ritorno. Una idea folle totalmente distante dal contesto italiano dove il rifiuto del digitale è per moltissimi tanto solido quanto inscalfibile.
Sul “digital by default” occorrerà prima o poi fare una meditazione. Possiamo forzare la mano ad un paese renitente al digitale imponendolo di fatto attraverso una serie di scelte di scenario? Guardate, non è accademia, si tratta di una questione fondamentale. Possiamo costringere gli utenti della PA a gestire in formato digitale i propri rapporti con l’amministrazione (con la stessa coercizione buona imposta a suo tempo a commercialisti ed altri ordini professionali) o rischiamo di creare un nuovo robusto divario digitale fra chi sa e chi non sa usare simili strumenti?
La scelta di Profumo del digital by default sui libri di testo (pur con una lunga serie di cautele e passaggi graduali previsti) è ora stata superata dall’editto del Ministro Carrozza che immagina per il prossimo futuro una adozione dei formati digitali su base volontaria da parte degli istituti e degli insegnanti che lo riterrano utile e fattibile. Questo, assieme ad una lunga serie di ambiguità tecnologiche non casuali contenute nel testo, immagino avrà tranquillizzato gli editori che sanno bene in che Paese vivono e che quindi vedranno nei prossimi anni lo spauracchio digitale annacquarsi in maniera tanti rilevante quando per loro commercialmente utile.
E purtroppo è inutile agitarsi su simili temi (e qui sta l’insensatezza del Ministro così come quella del suo collega precedente) perché se c’è una cosa rilevante che né Profumo né Carrozza hanno compreso è che non sono gli ebook ad essere il centro del problema. Gli ebook sono forse la fine di un percorso verso il digitale che la scuola italiana non ha nemmeno iniziato.
La prima cosa da fare è mettere le scuole in rete. Nell’intervista a Riccardo il Ministro Carrozza ha detto che spetta agli enti locali farlo. Gli enti locali ovviamente non hanno i soldi. In ogni caso qualsiasi intervento per una scuola digitale non potrà essere nemmeno iniziato senza le scuole collegate. E per scuole collegate intendo dire le “classi” collegate, perché è in classe e non negli uffici di segreteria e non nell’auletta di informatica che si cambia la didattica avvicinandola al mondo digitale. Ora voi sapete quante sono le classi italiane collegate a Internet? No, non lo sapete perché non lo sa nessuno. I dati più recenti li ha diffusi Simone Battiferri di Telecom a Capri qualche giorno fa. Si tratta di numeri non pubblici ma ve li riassumo molto grossolanamente per come li ricordo: circa 2 scuole su 3 hanno un qualsiavoglia collegamento a Internet. Fra queste vanno comprese tutte quelle in cui la connessione – e temo siano la maggioranza – arriva solo fino agli uffici del preside o in segreteria o in un’aula dedicata. Così quante potrebbero essere oggi le classi italiane connesse a Internet con una banda decente utilizzabile per la didattica? Forse una su dieci? Due? Io temo siano meno di una su dieci
Anche un palo capirebbe che con una simile copertura nessun progetto digitale di migrazione della didattica verso il digitale è possibile. Chiunque potrà convenire che non solo la didattica con gli ebook, pura fantascienza geek, ma nemmeno l’utilizzo degli strumenti di rete più semplici e gratuiti (come usare le mappe di google per insegnare geografia, per esempio) potrà uscire dalla piccola sperimentazione locale per diventare pratica di massa. E delle lucide esperienze dei pionieri francamente, ce ne facciamo ben poco. Poi ci sarebbe il tema della formazione degli insegnanti che per amor di patria ora nemmeno accenno.
Lo ha detto bene Vittorio Campione qualche settimana fa: modernizzare la didattica oggi significa come primo passo collegare le scuole alla rete. Tutto il resto viene dopo. Quanti Ministri dell’Istruzione dovranno susseguirsi prima di trovarne uno che su questi temi decida finalmente di spendersi tralasciando tutta la scenografia intorno?