Cinque consigli col ditino alzato
Cinque consigli, ragionevoli, senza polemica ma (forse) col ditino alzato, come direbbe Anna Masera, ai siti web editoriali italiani:
1) Ogni volta che si cita su una pagina web contenuti di una testata concorrente linkare la fonte. È una raccomandazione elementare e vecchissima che oggi nessuno fra i grandi segue quasi mai. Il Washington Post linka il New York Times, Repubblica non linka il Corriere (e viceversa). Ogni valutazione editoriale su questa inopportunità (è evidente da tempo che non si tratta di una dimenticanza come ci veniva raccontato ai convegni 10 anni fa, ma di una scelta strategica) è una cretinata del secolo scorso. Il discorso sui link andrebbe ampliato ad ogni contenuto che i giornali trovano in rete e che citano sulle proprie pagine ma mi rendo conto che chiedere un bilancio di realtà del genere ai grandi editori italiani in rete oggi sia troppo. Iniziare con una reciprocità minima nei confronti di quelli che intimamente consideriamo nostri pari, senza dover per questo istituire una commissione triennale presso l’ODG, sarebbe comunque qualcosa.
2) Accordarsi su una procedura di massima di modifica di una pagina web. Qui il discorso è più complicato e subisce grandi variabilità da caso a caso, ma sarebbe buona cosa non lasciare al legislatore l’imposizione di norme che riguardano le rettifiche o anche gli aggiornamenti di una pagina web. Anche in questi giorni di grandi cappelle editoriali abbiamo osservato molte divaricazioni fra principi orgogliosamente esposti e comportamenti adottati. Una regola su tutto andrebbe comunque rispettata: gli edit e le riscritture delle notizie dovrebbero essere sempre segnalati. È una questione di rispetto minimo. Sul cancellare una pagina il discorso è molto più complicato ma tendenzialmente il lettore dovrebbe essere informato sia degli edit che delle ragioni per cui una pagina è stata cancellata.
3) Gli articoli devono avere un padre. Possono essere non firmati (nel qual caso il padre è il direttore) ma non dovrebbe succedere, come accade spesso, che su tutti i siti italiani esca lo stesso articolo prodotto dall’Ansa o da un’altra agenzia senza che l’agenzia sia citata da nessuna parte. La massificazione della produzione giornalistica non dovrebbe arrivare a questo punto. Diversamente il giorno in cui l’Ansa prende una stecca la colpa non è di nessuno e quindi diventa automaticamente di Twitter, di Facebook o della Internet tutta. In realtà nel caso del falso profilo Twitter di Snowden di qualche giorno fa la colpa è dell’Ansa ma anche singolarmente di tutti gli editori che hanno scelto di pubblicare il lancio come proprio.
4) I giornalisti italiani sono molto attivi su Twitter, spesso parlano e litigano fra loro su Twitter. Ammettere gli errori su Twitter semplicemente non basta, occorre scriverlo chiaramente sulle proprie pagine web. Per i due o tre sfigati interessati alle notizie che ancora non usano Twitter.
5) Perché non riservare sul proprio sito un box, anche piccolo, alle cose interessanti scritte dagli altri? Magari rubandolo (o anche mettendolo accanto – perché no? -) a quello usuale con le mise estive di Nicole Minetti. Un titolo e 5 link a contenuti che per lavoro abbiamo letto altrove e che ci sono piaciuti. Internet funziona così, i lettori, i migliori fra i vostri lettori, ve ne sarebbero grati. (ok ho esagerato, chiudo)