Il mio gastroenterologo
A giorni alterni, da settimane, i quotidiani sono pieni di indiscrezioni sui nomi dei candidati alla direzione dell’Agenzia Digitale Italiana, nuovo organismo governativo che raggruppa per la prima volta ampi compiti di indirizzo e controllo sullo sviluppo tecnologico del Paese. Le notizie che circolano a riguardo dei criteri di selezione sono vaghe e deprimenti (si vocifera di bandi, controbandi, di cancelli di ingresso che appaiono e scompaiono senza una logica). In ogni caso la selezione in corso ha qualche punto di contatto con le modalità della recente nomina dei componenti dell’altrettanto importante Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, anch’essa avvenuta all’insegna di una triste consuetudine fatta di scarsa trasparenza, trame di palazzo e mercanteggiamenti vari.
Tuttavia, anche solo per non lasciarsi travolgere dalla depressione incombente, vale la pena sottolineare che, rispetto al passato, alcune cose sembrano essere leggermente cambiate: accanto a nomi usciti dalla usuale selezione italian style basata su investiture prevalentemente politiche molto poco attente alle competenze (nel precedente consiglio Agcom sedevano tra gli altri un gastroenterologo, un dirigente sanitario in pensione, un medico legale e un direttore marketing a decidere del futuro delle comunicazioni italiane) iniziano a far capolino candidature che mostrano una qualche nuova consistenza. Sembra essere ancora troppo presto per affermare che il criterio del merito e delle competenze trionferà eroicamente in una ventosa giornata di marzo ma è pur vero che per settimane, nella battaglia per le nomine Agcom, accanto a nomi di oscuri funzionari dello Stato come quello di Francesco Posteraro, uscito dal Cencelli PD-UDC, girava il nome di Stefano Quintarelli che, molto semplicemente, sui temi della rete e dello sviluppo tecnologico ha costruito negli anni la propria credibilità professionale, da solo, in autonomia, senza passare per le segreterie e gli uffici studi dei partiti. Per quanto attiene ai nomi che circolano in questi giorni per l’Agenzia Digitale è possibile individuare la medesima linea di demarcazione: da una parte i soliti candidati partoriti dal ventre oscuro del palazzo (l’ex braccio destro del Ministro Romani Roberto Sambuco, il presidente di Confindustia Digitale Stefano Parisi) dall’altro, tra quelli che più spesso ricorrono negli articoli di stampa – e abbiate pazienza ma sono amici che frequento, che stimo e con i quali ho lavorato – troviamo quelli di Salvo Mizzi e Paolo Barberis, persone che conoscono e vivono la rete ogni giorno.
“Dentro” o “fuori” la rete è oggi il tema fondamentale per stabilire nuove priorità nelle scelte e questo è un criterio che andrebbe considerato nelle settimane che mancano alla nomina dei vertici dell’Agenzia Digitale: mettere a capo di importanti agenzie governative che si occupano di Interner persone che vivono Internet certamente non risolve con un incantesimo la complessità dei temi sul tavolo ma indica un percorso fuori dal magma immobile nel quale siamo tutti invischiati. Ignorare i nomi nuovi, come quello di Salvo che da anni lavora per l’innovazione e gira l’Italia alla ricerca di nuovi giovani di talento in grado di cambiare il mondo o quello di Paolo, che ha gestito per oltre un decennio la più importante azienda Internet italiana, magari inventando bandi appositi che li escludano dalla gara per volontà superiore, è un modo come un altro per riaffermare una continuità. Quella del gastroenterologo messo dal partito a garante delle comunicazioni degli italiani o quello del rappresentante dell’industria multimediale selezionato per garantire le nostre prossime scelte di cittadini in materia di condivisione dei contenuti in rete.