La CEI sei tu
Il cinema Mazzini a Forlì, non esiste più da molti anni. Al suo posto, nel palazzo che una volta era la sede del Partito Repubblicano, ora c’è l’aula magna dell’Università. Dove c’era lo schermo ora c’è un piccolo palco, una sera molti anni fa ricordo di esserci stato anch’io. Era pieno di ragazzi ad ascoltare Baricco, lui era seduto sul palco striminzito, bello con le maniche della camicia ordinatamente ripiegate.
Il cinema Mazzini è una delle madeleine della mia adolescenza. È stato lì che ho visto il mio primo film vietato a minori di 14 anni. Ora non saprei dire che film fosse (sono passati alcuni anni) ma ricordo la grande eccitazione pre-spettacolo così come la delusione all’uscita. I film vietati ai 14 – mi resi conto quel giorno – erano come quelli non vietati che avevo visto fino ad allora: qualche parolaccia in più, magari un po’ di violenza, forse un seno di donna intravisto per un istante. E basta, niente da vedere gente, circolate, circolate.
Segnato da una simile delusione adolescenziale ho seguito con molto interesse la furibonda campagna che il quotidiano Avvenire ha scatenato a più riprese dalle sue pagine in questa settimana contro Agcom e contro il governo, colpevoli di una scelta che merita qualche commento. Una nuova normativa, in vigore da mercoledì scorso, consente alle reti televisive la possibilità di trasmettere film vietati ai minori di 14 anni anche nelle ore diurne (in precedente potevano andare in onda solo dalle 23 alle 7 del mattino) sempre che i televisori posseggano gli opportuni filtri elettronici (i sistemi di parental control settabili sul digitale terrestre e nei programmi satellitari). In pratica la norma trasferisce il giudizio sulla liceità dei contenuti, per quanto attiene alla sola fascia dai 14 ai 18 anni, nelle mani del telespettatore.
Tutta questa intollerabile libertà di scelta, che è poi un semplice adeguamento alla normativa europea senza il quale saremmo stati a rischio di infrazione, ha mandato fuori da gangheri il giornale della CEI che anche oggi titola “Bambini indifesi nella giungla delle violazioni TV” un articolo nel quale si occupa delle violazioni (in gran parte compiute dalle reti Mediaset) delle normative sui minori nel 2011 (come a dire non fidatevi dei broadcaster), mentre giovedì scorso ha affidato all’ex Presidente della Corte Costituzionale Riccardo Chieppa (classe 1926) l’autorevole parere sulla normativa appena approvata. Chieppa, dalle pagine di Avvenire ci avvisa che “in Italia la tecnologia non è ancora adeguata” mentre il quotidiano tuona sulle “regola della discordia”, su “l’allarme per l’apertura a film e programmi inadatti”, sull’abolizione del “principale baluardo per i ragazzi davanti al televisore”.
Quella di Avvenire è evidentemente una battaglia un po’ patetica e già persa in partenza, tuttavia il rifiuto che il quotidiano dei vescovi italiani manifesta per la capacità di scelta dei cittadini, a vantaggio di un organismo burocratico superiore che decida per noi e per i nostri figli cosa sia lecito vedere in TV e cosa no, forse poteva esserci risparmiato se almeno uno di questi signori si fosse dato la pena, una volta nella vita, di dare una occhiata ad un film vietato ai 14, esattamente come feci io quel giorno al cinema Mazzini di Forlì.
I film vietati ai 14 sono una fregatura, non c’è nulla di particolare da vedere, lo so per certo, non state a fare tante storie.
Poi a proposito di tecnologie e di sistemi di parental control faccio presente che esiste Internet, dove tutto è assai più complicato e dove davvero il tema dell’acceso ai contenuti da parte dei minori è importante e tutto ancora da discutere.
Di certo non sarà possibile farlo con questi signori, che hanno la testa a 40 anni fa, quando la televisione era il diavolo e i film di Visconti fortemente sconsigliati. È cambiato tutto da allora, e se anche il tema dei contenuti TV per i minori fosse centrale (non lo è più così tanto) questo è oggi, per ragioni tecnologiche, un tema educativo che diventa tema familiare. Decido io – a dio piacendo – cosa i miei figli minorenni possono guardare in TV. A me sembra figo, ad Avvenire non piace? Pazienza.