Quello che mi piacerebbe succedesse con gli ebook
La nascita di un mercato degli ebook in Italia è una commedia con tre soggetti.
1) Gli editori
Sono i più importanti e contemporaneamente i più fragili. Gli editori italiani guardano il mercato americano di Kindle (l’unico mercato di editoria elettronica di una qualche consistenza) e sognano di abitare un mondo simile, pur se sterilizzato dalla dittatura di Jeff Bezos.
Silenziosamente ripercorrono il cammino dei discografici di un decennio fa alle prese con la diffusione degli mp3. Semplificano il mondo attraverso la lente dei propri interessi. E quale è il frutto di questo sguardo obliquo? Una aspirazione di controllo sulla catena tecnologica che è fuori dalla loro portata.
Questo progetto di controllo sarebbe alla base –dicono alcuni – della scarsa eccitazione dell’editoria italiana per le esistenti piattaforme distributive (Kindle e iBooks) che continuano a non offrire testi in lingua italiana. Che sia vero oppure no i discografici a suo tempo fecero lo stesso ragionamento, costruendosi le proprie costose piattaforme in grande ritardo, piene di DRM e altre fantasiose limitazioni. I potenziali clienti di allora, ovviamente, le evitarono come la peste.
2) Gli intermediari
Il secondo soggetto interessato a questo progetto è rappresentato dai fornitori di piattaforma, che nelle ultime settimane si sono rapidamente moltiplicati. Se si eccettua Telecom Italia, la cui aspirazione è tecnologicamente più ampia (e un bel po’ più complicata visto che cerca di replicare in formato nazionale l’accrocchio hardware-software che ha fatto la fortuna di Amazon e Apple) la grande maggioranza dei fornitori di piattaforma sono soggetti laici, che magari in alcuni casi hanno idee innovative sulla distribuzione (per esempio quella di vendere libri con social DRM e senza grandi lucchetti) ma che forzosamente dipendono nelle loro scelte strategiche dalla “visione” dei fornitori di contenuti.
Il risultato concreto di tutto questo sarà che la grandissima parte dei libri messi in vendita nei prossimi mesi in Italia sarà protetta da un DRM di Adobe che tutti sanno essere estremamente fragile e che determinerà un rapido passaggio dei testi nei circuiti di condivisione.
Cosa avverrà dopo è facilmente prevedibile: gli editori alzeranno alte grida contro la pirateria, forse i loro legali scalderanno i fax, nel frattempo gli utenti più guerreggianti faranno notare che i prezzi pensati per l’editoria elettronica sono a dir poco vergognosi (circa il 20-30% in meno del corrispettivo cartaceo che è poi quasi lo sconto che è possibile ottenere in un megastore librario). Poi c’è l’IVA al 20%, gli utenti di Internet intrinsecamente cattivi e gli editori assetati di soldi: insomma un gioco delle parti già visto e conosciuto che non conduce da nessuna parte. Un gioco nel quale gli intermediari faranno la parte dell’insetto rimasto offeso fra il martello e l’incudine.
3) I lettori
Il terzo soggetto da considerare in questa vicenda, l’anello apparentemente debole della catena, sono i lettori, quel mercato piccolo di persone che amano i libri, che ne leggono molti e che vorrebbero sperimentare la lettura nei formati elettronici anche nella propria lingua. Questi lettori in lingua italiana hanno oggi a disposizione molto poco: hanno lettori ad inchiostro elettronico che costano ancora molto (lo stesso ebook reader di Telecom si dice costerà attorno ai 250 euro) e offrono prestazioni software imbarazzanti, avranno ebook molto costosi e molto chiusi che nessuno comprerà volentieri, mentre un simile ecosistema indotto sarà il propulsore ideale per il passaggio dei libri nei circuiti di condivisione, azzerando i sensi di colpa di molti. La restante grande maggioranza dei potenziali clienti nemmeno viene considerata perché esiste un gradino tecnologico che oggi rende di fatto gli ebook una faccenda per pochi introdotti digitali e li condanna a una assoluta marginalità sociale. Non rafforzeremo nessuna democrazia a colpi di ebook nei prossimi mesi.
Così questo è quello che probabilmente succederà: gli editori non venderanno di più, i lettori non acquisteranno ebook in italiano.
4) Cosa sarebbe bene succedesse
Ora vi dico invece quello che mi piacerebbe succedesse. Dieci anni di P2P ci hanno insegnato che la pirateria si combatte in due maniere: con la semplicità di fruizione e con una politica dei prezzi aggressiva. Se l’ultimo libro del nostro autore preferito compare disponibile ad un click di distanza ed a un prezzo conveniente una buona parte degli utenti della rete sceglierà di acquistarlo, evitando il fastidio di dover utilizzare un software come emule o torrent, evitando di doversi districare fra file corrotti, rinominati o maleassemblati, evitando insomma di perdere tempo in pratiche alchemiche e traffici digitali che non sono piacevoli per nessuno.
Ma non è tutto: i DRM che la gran parte dei testi prossimamente in vendita porterà in dono non solo non serviranno ma rappresentano un ostacolo supplementare alla diffusione degli ebook. Non proteggono un bel niente ed esattamente come è accaduto per i file musicali sono destinati a scomparire perché minano il rapporto fiduciario (quel poco che è rimasto) fra editore e clientela (e aggiungono un sacco di problemi di customer care che spesso gli editori non mettono in conto).
I DRM sono una presunzione di colpevolezza che non fa piacere a nessuno, tanto meno se chi li subisce ha pagato un bene digitale, reso artificialmente di difficile utilizzo, con moneta sonante.
Proteggere pesantemente i formati digitali è una battaglia persa in partenza che rafforza le competenze degli smanettoni e mette a dura prova la pazienza dell’utenza meno esperta. I primi troveranno sempre la maniera per aggirare le protezioni, i secondi, che sono il vero giacimento che andrebbe coltivato e fatto crescere, se ne andranno rapidamente da un’altra parte.