La prima volta che votarono le donne, oggi
Il 10 marzo 1946 votano le donne. Succede a Grosseto, Frosinone, Arezzo, Nuoro, Rieti, Teramo e in altri 430 comuni più piccoli ed è la prima volta. C’è grande entusiasmo: “Viene segnalata dovunque un’affluenza alle urne particolarmente notevole delle elettrici”, scrive il Corriere; “In alcuni paesi le elettrici hanno superato gli elettori”, dice l’Unità.
“A Fidenza la giornata elettorale si è svolta in un clima di vero entusiasmo per la riconquistata libertà di esprimere i propri sentimenti”; a Buonconvento, Siena, va a votare il 94% degli aventi diritto; ad Enna, Leonforte, Calascibetta, Villarosa e Astoro, Sicilia, affluenza dal 70 al 90%. Dal 70 all’80% negli otto comuni in provincia di Agrigento.
Non è stato facile, per le donne, arrivarci. L’ultima tappa racconta delle ultime resistenze. A fine gennaio 1945, quando l’Italia è ancora divisa in due, il Centro-Sud liberato con gli americani che offrono le sigarette alle ragazze ed il Nord con la Repubblica di Salò e i tedeschi che fanno i rastrellamenti, arriva il diritto di voto. E’ una specie di legge, si chiama Decreto Luogotenenziale. Ma, un po’ per la fretta, un po’ per l’abitudine maschile a fare le cose come viene viene, nel decreto si sono dimenticati dell’elettorato passivo. Cioè il diritto per le donne di essere votate e casomai pure elette. E a pensarci bene non sembra neanche una dimenticanza da fretta. Il Luogotenente che ha emanato il decreto è Umberto II di Savoia, che fino a sei mesi prima faceva il Principe. Lo ha nominato il padre, Vittorio Emanuele III in attesa che si capisca come andrà a finire la questione tra monarchia e Repubblica. Diciamo che il Luogotenente fa al posto del Re ma Re non è. E’ una cosa un po’ pasticciata. Proprio come il decreto sul voto alle donne. Che dice che tutte quelle maggiori di 21 anni possono andare a votare ma con l’eccezione di una minoranza, anche piuttosto ridotta: le prostitute. Loro no. Per le prostitute niente voto. Ma solo quelle “che esercitano il meretricio fuori dei locali autorizzati”. Le altre, quelle che stanno nelle case chiuse, invece si. Quindi sul voto alle donne una qualche resistenza sotterranea c’è, mista ad una luogotenenziale furbizia: si inserisce nel decreto le differenze tra prostitute e legali e prostitute abusive e ci si dimentica che le donne potrebbero aver anche voglia, già che vanno a votare, di votare altre donne. Per avere il diritto di voto tutto intero è toccato aspettare ancora un anno, fino al Decreto Luogotenenziale di oggi stesso, 10 marzo 1946, che – importantissimo – stabilisce pure le norme per l’elezione dell’Assemblea Costituente.
Tutte a votare, allora. Ci vanno anche le suore di clausura, “molte delle quali da decenni non uscivano dai loro conventi. Essendo prive di documenti di identità ha per esse testimoniato il loro confessore” (Corriere); “Spiccavano le suore di clausura che, disciplinatamente inquadrate dai confessori, si sono recate a votare per le liste democratiche” (Unità). “Democratiche”, in quegli anni, si diceva per dire “comuniste e socialiste”.
(Da “Un’altra parte del mondo”, in uscita il 5 maggio per Feltrinelli)