La notte in cui a Parigi uccisero gli algerini
Se io fossi uno dei 150 mila cittadini algerini che vivono a Parigi, civilissima Francia, oggi che è il 17 ottobre 1961, sarei preoccupato. In Algeria c’è la guerra per l’indipendenza, perché secondo i francesi l’Algeria è Francia, ma secondo noi no. Qui a Parigi ci sono stati attentati contro la polizia, c’è un’organizzazione armata di estrema destra, l’OAS, che uccide gli algerini e ha un forte appoggio tra le forze armate e la polizia. In queste ultime settimane tutte le mattine si trovano cadaveri nei campi delle periferie. Il 5 ottobre il prefetto di Parigi, che si chiama Murice Papon ed è stato un collaboratore dei nazisti durante la seconda guerra mondiale, ha ordinato il coprifuoco dalle 20 alle 6 del mattino. Ma solo per i “musulmani algerini”.
Oggi pomeriggio manifestiamo a Parigi contro il coprifuoco, siamo in 30 mila, perché chi non viene è un traditore. Per il governo francese la manifestazione è un atto di guerra e Papon deve impedirla. Prima di sera 15.000 di noi verranno arrestati. Ci sono rastrellamenti, centri di detenzione che diventano macellerie. Quando si forma un abbozzo di corteo la polizia apre il fuoco. Succede vicino a Ponte Saint Michel, testimoni vedono decine di corpi di morti o moribondi lanciati nella Senna dai ponti. I cadaveri riaffioreranno a decine nei giorni successivi.
Un fotografo, Elie Kagan, il solo a scattare fotografie quella notte, riprende un uomo sul sedile di un’automobile con il volto e i vestiti ricoperti di sangue. Kagan lo sta accompagnando in ospedale e prima di lascialo al pronto soccorso lo fotografa. Molti anni dopo un algerino riconosce quell’uomo: è suo zio, non è mai tornato a casa. Molti sono convinti che il 17 ottobre 1961 la polizia andò a cercare gli algerini feriti anche dentro gli ospedali.
Alla fine i morti saranno 200 o 300, non si sa. Perché la polizia dirà di essere stata attaccata da persone armate dalle quali si è difesa causando 2 morti, poi diventati 3. Tutta la stampa ci crede. Con le eccezioni della rivista di Jean Paul Sartre e di un settimanale che esiste ancora e si chiama Testimonianza Cristiana.
Beate siano sempre le eccezioni.