Nugolo

Nugolo può riferirsi a molte cose: una nutrita schiera di persone (folla, frotta, massa, moltitudine, mucchio), perlopiù accalcate o distribuite in modo irregolare, disordinato o confuso, o che danno l’impressione di scorrere come un corso d’acqua (fiume, fiumana, flusso, o il letterario profluvio); uno sciame d’insetti (api, mosche, cavallette…) o uno stormo d’uccelli; una grande quantità di oggetti più o meno ammassati (catasta, carrettata, vagonata); una rapida e incalzante sequenza (diluvio, gragnuola, pioggia, grandinata, valanga) di tuoni o saette, proiettili o applausi; una scarica (o una serqua, ma è ormai voce rara) di calci, di schiaffi o di pugni, oppure una fitta serie d’improperi, di fischi o d’insulti: sfilza, sequela, bordata, raffica, mitragliata, valanga (e il letterario colluvie). Altri possibili sinonimi di nugolo, a seconda del contesto, sono qui montagna e caterva, mare e marea, miriade e subisso, sacco (di registro familiare), casino (di tono popolare) o fottìo (fra il popolare e il volgare).

In passato con nugolo (o nuvolo) si era soliti altresì indicare una nuvola o un cielo coperto, significati ben documentati in poesia fino all’Ottocento («Un nugol torbo, padre di procella, / sorgea di dietro ai monti e crescea tanto, / che più non si scoprìa luna né stella», Giacomo Leopardi, Spento il diurno raggio, vv. 31-33; «Fra i rotti nugoli / dell’occidente / il raggio perdesi / del sol morente», Arnaldo Fusinato, Ode a Venezia, vv. 6-7), e sopravvissuti anche oltre, e poi la “nube” astratta prodotta da una fonte di minaccia o di sventura o da una condizione di pericolo o disagio, angoscia o turbamento. Nell’italiano corrente, della concreta “nube” di un tempo, è rimasta ancora traccia nei nugoli di polvere, di calcinacci o di macerie e di altri consimili addensamenti aerei.

Nugolo discende dal latino parlato *nūbulum, subentrato al classico nūbilum (“cielo nuvoloso”), e alla base c’è nūbes. Anche questa parola significò, oltre a “nuvola” («Velut nubes levium telorum coniecta obruit aciem Gallorum», Livio, Ab urbe condita, XXXVIII, 26; “Una gragnuola di frecce saettanti seppellirono, come una nube, l’esercito dei Galli”; «Pomptinum omne velut nubibus locustarum coopertum esse», Livio, Ab urbe condita, XLII, 2; “l’intera regione pontina era coperta come da nubi di locuste”), “situazione critica, gravosa, pericolosa, ecc.” e “gran numero di persone, oggetti o animali”:  di soldati («rex contra peditum equitumque nubes iactat», Livio, Ab urbe condita, XXXV, 49; “vanta il re d’altro canto una gran quantità di fanti e di cavalieri”), cavallette (locustarum, Livio) o volatili (volucrum, Virgilio).

La continuità semantica, nel passaggio dal latino nubes all’italiano nugolo, ha retto molto bene. Non sempre siamo così fortunati.

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Vi ripropongo l’elenco delle 30 parole “da salvare”, che abbiamo immaginato qualcuno avesse deciso di cancellare prima del tempo, e vi invito a salvarne una. Fate la vostra scelta nei commenti qui sotto (potete esprimervi una sola volta; se farete una seconda scelta, o una terza, una quarta, ecc., verrà considerata soltanto la prima) e accompagnatela con un commento sul motivo per il quale salvereste proprio quella parola. Nel corso della quarta edizione di Parole in cammino (il Festival della Lingua italiana e delle Lingue d’Italia: Siena, 1-5 aprile 2020), in cui lanceremo la Notte della Lingua Italiana (il 3 aprile), premieremo le motivazioni più belle. Io spiegherò intanto via via le 30 parole, una a settimana.

1. abulico
2. afflizione
3. arguto
4. becero
5. bizzarro
6. blaterare
7. caustico
8. coacervo
9. corroborare
10. deleterio
11. elucubrare
12. fedifrago
13. fosco
14. giubilo
15. illazione
16. intrepido
17. laconico
18. magnanimo
19. mendace
20. nugolo
21. ondivago
22. preambolo
23. riottoso
24. sagace
25. sbigottire
26. sbilenco
27. solerte
28. sporadico
29. uggioso
30. veemente

Massimo Arcangeli

Linguista, critico letterario, sociologo della comunicazione. Si è sempre nutrito di parole, che ama cercare in giro per il mondo.