Datemi Crocetta in poche parole
Siccome non si capisce niente, ho provato a pensare che è tutto vero, tutto, dall’inizio alla fine, quello che dice Crocetta e quello che dice chi lo accusa, e il problema è che potrebbero funzionare tutt’e due le versioni.
Allora mi sono convinto che la cosa grave è più che altro questa: il bordello. Bordello nel senso di una questione di stile, cioè di come si dicono le cose che si dicono e del come si fanno le cose che si fanno.
Stile per dire che dove bisogna asciugare non ci puoi andare coi secchi pieni di acqua a fare più bagnato di quello che c’è già.
Allora non mi interessa più tanto capire se ha senso che un governatore si dimetta per non essere uscito fuori dalla cornetta e avere preso a sberle uno che insultava la figlia di un magistrato martire della mafia. E nemmeno capire se l’intercettazione esiste o non esiste. La cosa importante per me è chiedermi: che tipo di figura è Crocetta? Con che tipo di atteggiamento ha affrontato l’incarico di governatore?
Ecco, finalmente una domanda facile: polemiche, piazzate, sceneggiate, isterismi, istrionismi, nomine clamorose seguite da clamorose destituzioni e clamorose sostituzioni.
Se anche ha attaccato centri di potere (e ne sono abbastanza convinto, visto che ha ruotato i dirigenti degli uffici regionali, una cosa impensabile prima del suo avvento, e ha messo le mani sulla formazione e sulla sanità, i due principali centri di spesa e di malaffare, e ha licenziato buona parte della miriade degli addetti stampa che aveva la Regione Siciliana, tra cui anche il giornalista dell’Espresso che ha portato alla luce l’intercettazione) lo ha fatto assumendo pose ieratiche e voce tremante da guitto, esibendo di continuo un narcisismo sfacciato e rivendicando a ogni uscita sempre tutta la scena per sé, dicendo io, io, io, io e percuotendosi il petto, e poi puntando in alto, sempre più in alto, superando ogni iperbole con una nuova sparata, un nuovo attacco d’ira, o di commozione o di lacrime trattenute a stento in diretta tv, fino a qualche giorno fa, quando ha addirittura confessato di aver accarezzato l’ipotesi di togliersi la vita per il disonore subito.
Qualsiasi cosa abbia fatto o non fatto in questi anni di governo, l’ha fatta così, con questo stile, uno stile che ha aumentato il grado di entropia, di confusione, di bordello, un bordello tenuto costantemente al suo livello massimo.
E questo forse è davvero il danno più grave che si può fare qua, perché questo danno è miele, piace a tutti, alletta i media nazionali, stuzzica l’appetito dei commentatori, mette in modo l’immaginazione dei dietrologi e dei complottisti, moltiplica le minchiate e sotterra ogni tentativo di discorso serio. E soprattutto inibisce ogni critica che tenti di essere argomentata, e come unica risposta al bordello solleva altro bordello, ancora più forte.
Il più feroce critico di Crocetta infatti chi è? Pietrangelo Buttafuoco: un altro che quando scrive non si capisce un cazzo e quando parla più che altro comizia, conciona, declama, si muove come in preda a chissà quale possessione eudemonica. Uno che scrive un libro che si intitola Buttanissima Sicilia, tu lo compri e pensi che dev’essere per forza un’invettiva contro tutta quest’opera dei pupi. E invece è una reductio ad pupum di chiunque, così finisce che se tutti sono pupi, nessuno è pupo e dentro al libro ci trovi l’elogio di Totò Cuffaro (quello della coppola e i cannoli), Mirello Crisafulli (quello che vinco tutte le elezioni perché sono fortunato), Nino Strano (quello della mortadella alla caduta del governo Prodi). Ti piacciono le metafore? E allora senti qua, Buttafuoco: le buttane stanno nei bordelli, e questo bordello dove opera la buttanissima Sicilia lo alimenti anche tu, in continuazione, con i tuoi periodi di otto-dodici righe, i tuoi mille incisi, i tuoi aggettivi desueti e le tue poetiche divagazioni sull’Islam, l’ebraismo, le notti di luna, e i saraceni femminari.
Questo è il posto dove abito: un’isola dove il tasso di retorica è immane sia nel governatore che nel suo acerrimo nemico. Dove vado? Da che lato li devo parare i colpi? Succede un fatto e nemmeno lo riesco a vedere perché è subito sommerso dalle immagini, dall’emotività, dai simboli, tutto sempre sovraccarico, fino a quando non ritorna a essere solo e soltanto bordello.
Io non sono in grado di capirci nulla su tutta questa vicenda, l’unica cosa che mi ricordo è che l’antidoto esiste, c’è, l’aveva scoperto un greco nel 386 a.c., dopo essere stato in quel bordello che era già la Sicilia di allora, a Siracusa, e come fare a uscirne l’aveva spiegato a un altro siciliano del tempo, non di Gela e nemmeno di Leonforte, ma di Lentini:
SOCRATE
Vorresti, dunque, o Gorgia, continuare a discutere come facciamo ora, facendo una domanda e dandovi risposta, e rimettere a un’altra occasione questi lunghi discorsi, del genere di quelli che anche Polo aveva cominciato a fare? Non mancare in ciò che hai promesso, e acconsenti a dare brevi risposte a ciò che ti viene domandato.
GORGIA
Vi sono, o Socrate, risposte che obbligano a fare lunghi discorsi; tuttavia, almeno tenterò di risponderti nel modo più breve possibile. Anche questa, infatti, è una delle cose che io sostengo, che nessuno, cioè, sa dire le medesime cose con meno parole di quelle che userei io!
SOCRATE
Ce n’è davvero bisogno, Gorgia! Dammi dunque un saggio di questo, vale a dire della tua capacità di esprimerti in poche parole; e del tuo parlar prolisso me ne darai prova un’altra volta!