Una scena perfetta del Capitale Umano
C’è una scena in cui il personaggio di Carla Bernaschi, moglie di un magnate dell’alta finanza, riunisce il futuro direttorio del suo teatro-giocattolo a un tavolo da giardino. Lei è impacciata, si sente un po’ fuori posto, è seduta in mezzo a degli intellettuali che di solito non frequenta e con cui non sa bene come comportarsi. Allora annuisce un po’ a tutto e parla a voce stentata. Ma la cosa che mi piace di più è che le pigliano dei piccoli attacchi di ecolalia: quel tic nervoso per cui si tende a ripetere l’ultima parola o l’ultima frase dell’interlocutore.
Sarà perché è una cosa che vedo succedere davvero, o perché magari la faccio anch’io, non lo so, però m’è sembrato un piccolo dettaglio di realtà trasposto molto bene nella finzione (di sicuro insieme a mille altri che non ho notato, o che non ho notato di aver notato). Uno di quei particolari che possono trasformare l’interpretazione in un ritratto.
A un certo punto (in questo video al minuto 00:49) ripete la frase del politico leghista («È vero, la gente la sera è stanca») con un’adesione fittizia, studiata apposta per compiacere chi l’ha pronunciata. Là ti accorgi che Valeria Bruni Tedeschi non c’è più: a recitare è il personaggio stesso. Carla Bernaschi, una donna dalla vita ipocrita, forse vuole farsi perdonare la sua smodata ricchezza, oppure comunicare che intende distribuire il suo potere tra i commensali come fossero il tè, il caffè e i biscottini che continuamente va offrendo senza ricevere risposta, e così in questa scena accondiscende al ruolo della svampita, di quella che rivolge a tutti sguardi pieni di ammirazione e pende dalle labbra dei suoi ospiti.
Da quel momento in poi, per una specie di incantesimo retroattivo, tutti i personaggi che fino a quel momento mi erano sembrati solo macchiette di colpo sono diventati persone in carne e ossa. Una magia che riesce solo quando le fate turchine sono così convincenti da farti credere che dentro allo schermo del cinema non ci sono burattini ma solo bimbi veri, e che le fate turchine non esistono. Pure se una ce l’hai di fronte e sta recitando apposta per te.