Cose che ho imparato in nove mesi al Governo
In nove mesi di esperienza in un ministero, provenendo da tutta una vita lavorativa spesa all’estero, si impara che alcuni luoghi comuni sono falsi. Primo luogo comune: le cose non si possono cambiare. Al contrario, si possono fare moltissime cose, si può cambiare persino il volto dell’amministrazione applicando un metodo rigoroso (mi verrebbe da dire scientifico) che punti al risultato, anziché alla forma.
Noi avevamo il compito di fare aumentare l’export, che ovviamente non si fa per decreto. In un paese di piccole e medie imprese bisogna soprattutto spiegare e raccontare quali strumenti esistono a loro disposizione per conquistare i mercati. Allora abbiamo chiesto all’Istituto per il commercio estero di formare 50 suoi funzionari alle più recenti tecniche di check-up aziendale, e poi abbiamo organizzato a costi irrisori – e con sponsor privati – un “Roadshow” nei territori (finora a Biella e Bari, ma altre 20 circa sono programmate).
Questi funzionari in una giornata incontrano a tu per tu le aziende che possono esportare ma ancora non lo fanno, aziende scovate grazie ad un database “scientifico” predisposto con la collaborazione di Confindustria e Unioncamere.
Secondo luogo comune: non ci sono più risorse. Noi avevamo un problema: i competitors dell’Italia spendono molto più di noi in promozione commerciale, che però per un paese di Pmi come il nostro è del tutto fondamentale perché con poca spesa si raggiunge un gran risultato in termini di crescita economica.
Dopo qualche mese di lavoro abbiamo innanzitutto trovato circa 25 milioni (appunto una piccolissima posta), che erano fermi su un conto corrente dello Stato dal 1994 (sic). Inoltre, abbiamo recuperato – e concentrato sulla promozione – circa altri 10 milioni che erano sparsi in rivoli del tutto inefficaci perché minuscoli o perché vincolati a modi di utilizzo così burocratici da renderli di fatto dormienti. In altre parole: anche sotto una doverosa “spending review” ci sono moltissime risorse da razionalizzare e impiegare in cose utili.
Terzo luogo comune: la pubblica amministrazione è inefficiente perché incompetente, o “fannullona” secondo l’arguta definizione di un ministro di Berlusconi. Al contrario, i dirigenti pubblici sono molto competenti e si fanno carico di una mole ingentissima di lavoro, ma hanno due problemi che diventano immediatamente problemi di tutti. Primo, i processi – stabiliti da leggi o regolamenti – sono fuori da qualsiasi logica di razionalità umana. Secondo, il blocco del turn over causato dai tagli lineari à la Tremonti, ne ha fatto aumentare eccessivamente l’età media. Le due cose sono ovviamente correlate.
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