I problemi del WTO a Bali
Roberto Azevedo, Direttore generale del WTO, ha convocato mercoledì pomeriggio una riunione informale delle delegazioni, 159 paesi membri, per provare a sciogliere i nodi ancora controversi. Al centro delle difficoltà ci sono gli indiani, che con un discorso molto duro tenuto di mattina in riunione plenaria hanno chiuso le prospettive per un accordo sul tema dello stoccaggio di beni agricoli sussidiati. Chiedono che questa possibilità sia data permanentemente, ma anche molti paesi in via di sviluppo sono preoccupati dagli effetti sui prezzi che avrebbe: solo Sudafrica, Argentina e pochi altri sostengono la stessa posizione. La riunione informale, dove ogni discorso arriva subito al punto, serve a capire che margini esistano davvero. Cina, Brasile, Russia e la quasi totalità dei cosiddetti Paesi Meno Avanzati insistono per raggiungere un accordo, sforzandosi di trovare una mediazione. L’apice della sessione è un colpo di scena. Mentre il ministro indiano sta pronunciando la frase più importante il sistema di amplificazione si blocca, così che nessuno sente cosa ha detto. Le speranze si spengono appena il microfono si riattiva: l’India non ritiene possibile raggiungere un accordo completo a Bali. Europa e Stati Uniti, al contrario, ritengono ogni rinvio impraticabile – «we have only one shot» ha concluso il rappresentate americano. UE e USA suggeriscono ad Azevedo di impegnarsi in extremis, mancano 48 ore, per cercare una mediazione da proporre. Si tratta di una responsabilità grossa perché una forzatura potrebbe non solo fallire, ma anche compromettere il resto del mandato del Direttore generale, che è appena iniziato. Il tentativo ci sarà, ma oggi l’impressione è che stia cominciando un periodo nuovo, con USA e Unione Europea plasticamente vicini, i BRICS divisi e ognuno per sé, e decine di Stati che senza multilateralismo non avranno più voce.